Various - La vita Italiana nel Risorgimento (1846-1849), parte I стр 4.

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E venne infatti la catastrofe, la grande catastrofe punitrice. Vennero l'assassinio di Rossi, le sconfitte Lombarde, le discordie pazze, le illusioni fanciullesche, i tumulti minacciosi, la fuga a Gaeta, e finalmente Novara, la tragica Novara. Carlo Alberto, dopo avere per un giorno intero cercato la morte sugli spaldi della fulminata città, dovette persuadersi che, se l'onore era salvo, tutto il rimanente era perduto! Ma pensò che egli poteva ancora rendere un grande servigio alla sua povera Italia, togliendosi di mezzo e lasciando il figliuolo, senza rancori e preconcetti, libero a trattare col vincitore i patti della triste resa.

Poi seguì un periodo che per sè stesso potrebbe essere argomento di un lungo discorso. Il giovane Re sorgeva appena sul trono, e d'ogni intorno era circondato da insidie, da accuse, da bieche discordie, da diffidenze innominabili. Ebbene, o Signore, appena comincia l'epoca dei tristi ricordi, ecco che la poesia, come vera e grande opera d'arte, accenna a rifiorire. Giovanni Prati, che è stato mediocre nel canzoniere di Carlo Alberto, diventa il poeta sacro dell'anima italiana quando intuona una solenne e melanconica melodia all'arrivo delle sue fredde spoglie dalla terra dell'esilio, dove il Re magnanimo era andato a morire. Comincia, o Signore, la divina ispirazione delle memorie! Il poeta, rivolgendo uno sguardo indietro, trova accordi inusitati e crea una visione che è una delle più potenti, non dubito di affermarlo, che abbiano mai lampeggiato a fantasia di poeta italiano. Tutta la Trenodia pel ritorno delle ceneri di Carlo Alberto è un misto di palinodie dolenti e di speranze generose, di rimproveri ai popoli, di rimproveri ai Principi. Per un momento il poeta accenna a voler riunire gli uni e gli altri in un sentimento profondo di pietà e di commiserazione scambievoli, quasi col proposito di riprendere insieme, ammaestrati dai comuni errori, la via aspra e gloriosa. Ma poi, avvertito da un istinto infallibile che lo spinge a fissare gli occhi nell'avvenire, Giovanni Prati volge la sua ultima parola al giovane Re del Piemonte. E anche questa parola, sussurrata all'orecchio del Monarca, in mezzo a tante insidie, a tanta diffidenza, a tanti maliaugurî, che, come sinistri augelli, allora svolazzavano intorno al trono, anche questa parola è improntata di un profondo carattere di poesia: poichè è la poesia della speranza!

Vittorio, Vittorio! Tu giovane Anteo,
Per questa dolente nel fiero torneo,
Tu l'ultima lancia sei nato a spezzar!

La croce sabauda, che ornò sette troni,
Dinanzi alla furia de' tuoi battaglioni,
Raggiando sull'armi l'antico splendor,
Segnal di vittoria per gli occhi dei forti,
Segnal d'allegrezza per l'ossa dei morti,
Verrà benedetta sull'Adige ancor!

Ed ecco che la poesia italiana, la quale nell'orgasmo e nello stupore dei grandi avvenimenti non aveva trovato la parola sua, ecco che la trova nei giorni memori dello sconforto; e fa essa rifiorire la speranza! Quasi per dare una nuova conferma a quella sentenza di Federigo Schiller: che le cose di quaggiù, hanno bisogno di morire nella realtà, per rivivere e rifulgere immortalmente nell'ideale dell'arte

LA POESIA DEL GIUSTI

CONFERENZADIISIDORO DEL LUNGO

Signore e Signori,

Chi dice «poesia del Giusti» (della quale, in relazione con la poesia italiana, mi propongo parlarvi) intende comunemente qualche cosa di agevole e svelto, nato senz'ombra di artifizio, un concepimento simultaneo e un'unione così schietta d'idea e di parola, che la parola vela appena l'idea senza punto impacciarla, e letto che si è ci pare che la cosa non potesse proprio esser detta altro che in quel modo lì. Nè fanno ostacolo il verso o la rima: perchè i metri sono quasi sempre i più snelli, i più vivaci, i più carezzevoli; nè il verso chiede mai al metro nulla di più di quello che il metro, secondo il suo naturale congegno e le pose sue ovvie, conceda; e la rima, la rima sembra appostata in fondo al verso a riceverlo a braccia aperte, e che se vi accadesse di ripetere quelle cose conversando, incappereste in quelle rime anche voi. Conversando, sicuro; perchè il Giusti è il poeta più conversevole che vi paia aver mai conosciuto: e quando egli scherza con voi, voi ne sentite la voce, voi lo vedete sorridere, e ammiccare, e comporre il viso, come il discorso richiede; cosicchè non manchi a quel tanto che la parola scritta ha di muto, non manchi (tale è, leggendo, l'illusione) l'avvivamento del tono, dello sguardo, dell'atteggiamento, del gesto.

Qual altro dei nostri poeti ci fa simile impressione? qual altro ci procura sensazioni consimili?

Ma la dimanda è troppo affrettata. Prima di rispondere, bisogna, a voler rispondere con giustizia, bisogna pure riflettere, se alcun altro de' nostri poeti facili e piacevoli ci fa pensar tante cose e tante altre sentirne; e dico, cose alte, nobili, a pensare, profonde o commoventi a sentire; quante si sentono o si pensano leggendo i suoi versi. Tutto quel «piccolo mondo antico» fra il '31 e il '49, che ci sfila gaiamente dinanzi per la lanterna magica di quei componimenti motteggevoli e ironici; co' suoi personaggi grotteschi e contraffatti, o disorpellati delle loro lustre, o messi addirittura al nudo del loro brutto e cattivo, o piantati alla berlina con le loro debolezze, o trascinati al redde rationem delle opere loro: cotesto piccolo mondo, del quale egli v'invita a ridere, ve lo atteggia per modo dinanzi, che nel giudicarne voi dobbiate sempre fare appello ai sentimenti vostri migliori. Al sentimento della rettitudine, nel giudicare i Gingillini e i Girella, i Granchi e i Ventola, i Presidenti di buon governo e i loro Birri a congresso al sentimento dell'umana dignità, nel far la debita stima di quell'aristocrazia sfiaccolata, di quei parassiti del regio rescritto, di quelle croci di Santo Stefano sul petto dei mal arricchiti, di quelle scritte matrimoniali combinate fra l'albagìa spiantata e l'ambizione plebea: al sentimento della moralità educatrice, se motteggia sull'imperiale e real giuoco del lotto, o sul reuma d'un cantante, sull'abuso sentimentale del cloroformio, sulle bugie degli epigrafai: al sentimento sanamente affermato della umana fraternità, se sfata con ironica iperbole le pericolose utopie umanitarie, le ipocrisie degli abolitori della guerra: al sentimento della pedagogia naturale, o diciamo senz'altro al prezioso senso comune, se fra gl'Immobili e i Semoventi rivendica la libertà del fanciullo che i taumaturghi del metodo vorrebbero plasmare a macchina, e averne fantocci tutti d'un pezzo e d'un getto: al rispetto delle memorie ispiratrici, se vi descrive il ballo esotico nel vecchio palazzo appigionato dai posteri di Farinata, o scaglia sul viso dei gaudenti, dimentichi in carnevale perpetuo, il brindisi che esalta le gloriose quaresime degli eroi trecentisti: alla carità santa d'Italia madre, quando per l'incoronazione austriaca sfilano in complice schiera i principotti italiani; o lo Stivale fa, dall'orlo al tallone, la sua storia dolorosa; o il poeta in Sant'Ambrogio di Milano, fra que' poveri Croati e Boemi mandati qua a odiare ed essere odiati, sospira una patria per se e per loro; o inculca e ribadisce a quelle polizie miopi e sordastre il delenda Carthago dell'indipendenza dallo straniero; o protesta al suo Gino Capponi contro l'insulto codardo alla Terra dei morti.

E poi, quando lo scherzo ha meno alta intonazione, e ritien più del bonario e del familiare, ma sempre con qualche vena di malinconico; le Memorie di Pisa, il Giovinetto romantico, il Profugo di Rimini, l'Amor pacifico, il San Giovanni canonizzato sugli zecchini d'oro, Momo salmista e predicatore, le virtù della Chiocciola, il re Travicello; nessuna di queste geniali comunicazioni della benevola ironia del Poeta passa pel vostro spirito, senza lasciarvi altresì qualche grano di moralità gentile, fermentatrice di bene.

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