Морган Райс - Grido d’Onore стр 9.

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Grazie, padre, per avermi risposto, pensò Gwen.

Ora sentiva che era con lei, più che mai, e iniziò a correre rapida verso Boscorosso, verso il lago che avrebbe ascoltato il suo dolore.

*

Gwen era in ginocchio sulla riva del Lago delle Pene, le ginocchia appoggiate ai soffici aghi di pino rosso che disegnavano un anello attorno all’acqua. Guardava l’acqua calma, la più calma che avesse mai visto, che rifletteva il sorgere della luna. Era una luna piena e brillante, più tonda che mai, e mentre il secondo sole stava ancora tramontando, la luna saliva e l’Anello era illuminato allo stesso tempo dal tramonto e dal bagliore lunare. Il sole e la luna si riflettevano entrambi, uno di fronte all’altro alle due estremità del lago, e Gwen percepì la sacralità di quel momento della giornata. Era la finestra tra la chiusura di un giorno e l’inizio di un altro, e in quell’ora sacra tutto era possibile.

Gwen stava lì inginocchiata, piangendo e pregando con tutta l’intensità di cui era capace. Gli eventi degli ultimi giorni erano stato troppo per lei, e sentì la necessità di sfogarsi. Pregò per suo fratello, ma ancor più per Thor. Non poteva sopportare il pensiero di perderli entrambi quella notte, di non avere più nessuno vicino se non Gareth. Non poteva sopportare neppure il pensiero di essere imbarcata e mandata in sposa a un qualche barbaro. Sentiva che la vita le stava crollando addosso, e aveva bisogno di risposte. E ancor più aveva bisogno di speranza.

C’erano molte persone nel suo regno che pregavano il Dio dei Laghi, o il Dio dei Boschi, o il Dio delle Montagne, o il Dio del Vento, ma Gwen non aveva mai creduto a nulla di tutto ciò. Come Thor lei era una dei pochi nel suo regno a cui la fede risultava intollerabile, e seguiva la via radicale di un solo Dio, un solo essere che controllava l’intero universo. Era quello il Dio che pregava.

Ti prego Dio, pregò. Riportami Thor. Fa che sia salvo in battaglia. Fa che sfugga all’imboscata. Ti prego, fa che Godfrey viva. E ti prego di proteggermi – non lasciare che mi portino via da qui e mi diano in sposa a un selvaggio. Farò qualsiasi cosa. Dammi solo un segno. Mostrami quello che vuoi da me.

Gwen rimase inginocchiata a lungo, udendo nient’altro che l’ululare del vento che soffiava ininterrottamente tra gli alti alberi di Boscorosso. Ascoltò il delicato scricchiolio dei rami mentre oscillavano sulla sua testa e lasciavano cadere i loro aghi nell’acqua.

“Fai attenzione a ciò per cui preghi,” disse una voce.

Lei si voltò trasalendo, e fu sorpresa di vedere qualcuno lì in piedi a pochi passi da lei. Si sarebbe spaventata, ma riconobbe immediatamente quella voce, una voce antica, più vecchia degli alberi, più vecchia della terra stessa, e il cuore le si gonfiò nel petto quando si rese conto di chi si trattava.

Si voltò e lo vide in piedi accanto a lei, con addosso il suo mantello bianco con il cappuccio, gli occhi luccicanti che la guardavano come se le stessero entrando nell’anima. Teneva in mano il suo bastone, illuminato dal tramonto e dalla luna.

Argon.

Gwen si alzò e si mise di fronte a lui.

“Ti ho cercato,” gli disse. “Sono venuta a casa tua. Mi hai sentito bussare?”

“Io sento tutto,” le rispose ermetico.

Lei esitò pensierosa. Argon non aveva alcuna espressione.

“Dimmi cosa devo fare,” gli disse. “Farò qualsiasi cosa. Per favore, non permettere che Thor muoia. Non puoi lasciarlo morire!”

Gwen fece un passo avanti a gli afferrò un polso, implorante. Ma appena lo toccò fu scottata da un calore bruciante che passò dal polso di Argon alla sua mano, e si ritrasse, pervasa da quell’energia.

Argon sospirò, si voltò e fece diversi passi verso il lago. Rimase lì, fissando l’acqua, gli occhi scintillanti alla luce.

Lei gli si avvicinò e rimase accanto a lui per chissà quanto tempo, aspettando che fosse pronto a parlare.

“Non è impossibile cambiare il destino,” le disse. “Ma ciò costa un grosso prezzo a chi lo chiede. Tu vuoi salvare una vita. È uno sforzo nobile. Ma non puoi salvare due vite. Dovrai scegliere.”

Lui si voltò a guardarla.

“Chi vuoi che sopravviva questa notte? Thor o tuo fratello? Uno di loro deve morire. È scritto.”

Gwen era orripilata da quella domanda.

“Ma che razza di scelta è?” gli chiese. “Salvandone uno, condanno l’altro.”

“Non è vero. Sono entrambi destinati a morire. Mi dispiace, ma questo è il loro destino.”

Gwen si sentì come se le avessero conficcato un pugnale nello stomaco. Entrambi destinati a morire? Era troppo orribile da immaginare. Poteva veramente essere così crudele il fato?

“Non posso sceglierne uno a scapito dell’altro,” disse alla fine con voce debole. “Il mio amore per Thor è più forte, ovviamente. Ma Godfrey è sangue del mio sangue. Non posso sopportare l’idea che uno di loro muoia a spese dell’altro. E penso che nessuno dei due lo vorrebbe.”

“Allora entrambi moriranno,” ribatté Argon.

Gwen si sentì pervasa dal panico.

“Aspetta!” gli gridò mentre si apprestava ad andarsene.

Lui si voltò e la guardò.

“E io?” gli chiese. “E se morissi io al loro posto? È possibile? Possono vivere entrambi se io muoio?”

Argon la fissò a lungo, come se la stesse osservando nella sua vera essenza.

“Il tuo cuore è puro,” le disse. “Sei la più pura di cuore tra tutti i MacGil. Tuo padre aveva scelto con saggezza. Veramente…”

La voce di Argon si affievolì mentre continuava a guardarla negli occhi. Gwen si sentiva a disagio, ma non osò distogliere lo sguardo.

“Per la tua scelta, per il tuo sacrificio di questa sera,” disse Argon, “il destino ti ha sentito. Thor verrà salvato. E anche tuo fratello. E vivrai anche tu. Ma un piccolo pezzo della tua vita deve essere preso. Ricorda, c’è sempre un prezzo. Morirai di una morte parziale in cambio delle vite di entrambi.”

“Ma cosa significa?” gli chiese terrorizzata.

“Tutto viene a un prezzo,” le rispose. “Tu hai una scelta. Non la pagheresti?”

Gwen si sentì gelare.

“Farò qualsiasi cosa per Thor,” disse. “E per la mia famiglia.”

Argon la fissò.

“Thor ha un destino grandioso,” le disse Argon. “Ma il destino può cambiare. Il nostro destino è nelle nostre stelle. Ma è anche controllato da Dio. Dio può cambiare il fato. Thor era destinato a morire questa notte. Vivrà solo grazie a te. E tu ne pagherai il prezzo. Un prezzo alto.”

Gwen avrebbe voluto saperne di più, e si allungò verso Argon, ma proprio in quel momento, improvvisamente, una luce lampeggiò davanti ai suoi occhi e Argon scomparve.

Gwen si voltò cercandolo in ogni direzione, ma non era da nessuna parte.

Alla fine si girò a guardare il lago, così sereno, come se niente fosse accaduto lì quella notte. Vide il suo riflesso nell’acqua e le parve di essere così lontana. Era colma di gratitudine e, finalmente, di un senso di pace. Ma non poteva evitare di provare anche un senso di timore per il suo stesso futuro. Per quanto tentasse di levarselo dalla mente, non poteva fare a meno di chiedersi: quale prezzo avrebbe pagato per la vita di Thor?

CAPITOLO OTTO

Thor giaceva a terra nel bel mezzo della battaglia, schiacciato al suolo dai soldati di McCloud, indifeso; sentiva lo scontro della lotta, le grida dei cavalli e degli uomini che gli stavano morendo attorno. La vista del sole calante e della luna che si levava – una luna più piena che mai – venne improvvisamente oscurata da un enorme soldato che si fece avanti tenendo alto il suo tridente e preparandosi a scagliarlo. Thor sapeva che la sua ora era giunta.

Chiuse gli occhi preparandosi alla morte. Non aveva paura. Solo rimorso. Avrebbe voluto più tempo per vivere, avrebbe volute sapere chi era, quale fosse il suo destino e, soprattutto, avrebbe voluto più tempo per sé e Gwen.

A Thor non pareva giusto morire così. Non lì. Non in quel modo. Non quel giorno. Non era ancora la sua ora. Lo sentiva. Non era ancora pronto.

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