Морган Райс - Un’Impresa da Eroi стр 4.

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Il soldato si fermò, per la prima volta, di fronte ai suoi fratelli. Li guardò dall’alto in basso, e sembrò colpito. Allungò una mano, afferrò uno dei loro foderi e lo strattonò, come per metterne alla prova la resistenza.

Sorrise.

“Non hai ancora usato la tua spada in battaglia, vero?” chiese a Drake.

Thor vide Drake nervoso per la prima volta nella sua vita. Deglutì.

“No, mio signore. Ma l’ho usata molte volte nelle esercitazioni, e spero di…”

“Nelle esercitazioni!”

Il soldato rise fragorosamente e si voltò verso gli altri soldati, che gli fecero eco, sghignazzando in faccia a Drake.

Drake arrossì. Era la prima volta che Thor vedeva Drake imbarazzato: di solito era Drake a mettere gli altri in imbarazzo.

“Bene, allora dovrò sicuramente dire ai nostri nemici di avere paura di te, te che brandisci la tua spada nelle esercitazioni!”

Il gruppo di soldati rise di nuovo.

Il soldato si voltò poi verso gli altri fratelli.

“Tre ragazzi dello stesso stampo,” disse, grattandosi la barbetta sul mento. “Può tornare utile. Siete tutti di buona stazza. Però non ancora collaudati. Avrete bisogno di molto allenamento, se volete essere all’altezza.”

Fece una pausa.

“Credo che si possa trovare del posto.”

Fece un cenno verso l’ultima carrozza.

“Entrate, e fatelo in fretta. Prima che cambi idea.”

I tre fratelli di Thor scattarono verso la carrozza, raggianti. Thor notò che anche suo padre era radioso.

Lui invece era desolato, mentre li guardava andare.

Il soldato si voltò e proseguì verso la casa successiva. Thor non riuscì più a trattenersi.

“Signore!” gridò.

Suo padre si voltò e gli lanciò un’occhiataccia, ma a Thor non interessava più.

Il soldato si fermò, la schiena rivolta verso di lui, e lentamente si voltò.

Thor fece due passi in avanti, il cuore che gli batteva all’impazzata, e spinse il petto in fuori più che poteva.

“Non mi avete considerato, signore,” disse.

Il soldato, sorpreso, guardò Thor dall’alto in basso, come se si trattasse di uno scherzo.

“No?” chiese, e scoppiò a ridere.

Anche i suoi uomini risero. Ma Thor non se ne curò. Questo era il suo momento. Ora o mai più.

“Voglio entrare a far parte della Legione!” disse Thor.

Il soldato si avvicinò a Thor.

“Tu? Ora?”

Aveva un aspetto divertito.

“Hai compiuto il quattordicesimo anno?”

“Certo signore. Due settimane fa.”

“Due settimane fa!”

Il soldato sghignazzò, e cos fecero gli uomini dietro di loro.

“In questo caso i nostri nemici sicuramente tremeranno al solo vederti.”

Thor si sentiva bruciare per l’affronto. Doveva fare qualcosa. Non poteva permettere che finisse così. Il soldato gli voltò le spalle per andarsene, ma Thor non poteva accettarlo.

Fece un passo avanti e urlò: “Signore! Sta facendo un errore!”

Un sussulto di orrore si diffuse tra la folla, mentre il soldato si fermava e si girava lentamente. Ora si stava facendo più serio e accigliato.

“Stupido ragazzo,” disse suo padre, prendendo Thor per le spalle, “Torna dentro!”

“No!” gridò Thor, divincolandosi dalla presa di suo padre.

Il soldato avanzò verso Thor, e suo padre si ritrasse.

“Sai qual la punizione per l’insulto all’Argento?” disse il soldato seccamente.

Il cuore di Thor gli martellava nel petto, ma sapeva che non poteva più tornare indietro.

“La prego di perdonarlo, signore,” disse suo padre. “È un ragazzino e…”

Il soldato si voltò nuovamente verso Thor.

“Rispondimi!” disse.

Thor deglutì, incapace di parlare. Non era così che le cose dovevano andare nella sua testa.

“Insultare l’Argento significa insultare il Re in persona,” disse Thor umilmente, recitando ciò che aveva imparato a memoria.

“Sì,” disse il soldato. “Il che significa che posso darti quaranta frustrate, se voglio.”

“Non è mia intenzione insultare, signore,” disse Thor. “Voglio solo essere preso. Per favore. È tutta la vita che lo sogno. Per favore. Lasciatemi entrare nella Legione.”

Il soldato rimase immobile, e lentamente la sua espressione si ammorbidì. Dopo un po’ scosse la testa.

“Sei giovane, ragazzo. Hai un cuore valoroso. Ma non sei pronto. Torna da noi quando sarai svezzato.”

Detto questo, si voltò e si allontanò rapidamente, guardando a malapena gli altri ragazzi. Risalì velocemente a cavallo.

Thor rimase lì, mortificato, a guardare mentre la carovana si rimetteva in moto. Tanto veloci come erano arrivati, se n’erano già andati.

L’ultima cosa che Thor vide furono i suoi fratelli, seduti sul retro dell’ultima carrozza, che lo guardavano con disapprovazione e scherno. Li stavano portando via davanti ai suoi occhi, via da lì, verso una vita migliore.

Thor si sentiva morire dentro.

Mentre l’eccitazione svaniva attorno a lui, gli abitanti del villaggio rientrarono di soppiatto nelle loro case.

“Ti rendi conto di quanto stupido sei stato, sciocco ragazzino?” disse seccamente il padre di Thor afferrandolo per le spalle. “Ti rendi conto che avresti potuto mettere a repentaglio le possibilità dei tuoi fratelli?”

Thor si liberò scontrosamente dalle mani di suo padre, che gli rispose con un ceffone sul viso.

Thor sentì il bruciore del colpo e fissò suo padre con cipiglio. Una parte di lui, per la prima volta, avrebbe voluto rispondere con un altro colpo. Ma si trattenne.

“Va’ a prendere le me mie pecore e riportale a casa. Ora! E quando torni, non aspettarti che ti prepari la cena. Farai a meno di mangiare stasera, e penserai a quello che hai fatto.”

“Può darsi che io non torni per niente!” gridò Thor, voltandosi e andandosene furente, allontanandosi dalla sua casa, in direzione delle colline.

“Thor!” gridò suo padre, mentre alcune persone si fermavano a guardarli.

Thor allungò il passo e si mise infine a correre, spinto dal desiderio di andarsene il più lontano possibile da quel posto. Si rese conto a malapena che stava piangendo, con le lacrime che gli solcavano il volto, mentre ogni sogno che avesse mai coltivato veniva infranto.

CAPITOLO DUE

Thor girovagò per ore sulle colline, fremendo di rabbia, e alla fine scelse una collina e si sedette, le braccia incrociate sopra alle ginocchia, a guardare l’orizzonte. Guardò le carrozze mentre scomparivano, la nuvola di polvere che rimase a fluttuare per ore anche dopo che si furono eclissati.

Non ci sarebbero state altre visite. Ora era destinato a restare lì, in quel villaggio, per anni, in attesa di un'altra possibilità, se mai fossero tornati. Se suo padre gliel’avesse mai permesso. Ora sarebbero stati solo lui ed il padre, soli nella casa, e suo padre gli avrebbe sicuramente scaricato addosso tutta l’ira possibile. Avrebbe continuato ad essere il servo di suo padre, gli anni sarebbero passati, e lui avrebbe finito per ritrovarsi esattamente come lui, bloccato in quel luogo, a condurre una vita minima e domestica, mentre i suoi fratelli guadagnavano gloria e fama. Il sangue gli ribolliva nelle vene per l’onta di tutto ciò: non era quella la vita che lui intendeva vivere. Ne era certo.

Thor si scervellò alla ricerca di una soluzione, di un modo per cambiare la situazione. Ma non trovò nessuna risposta. Queste erano le carte che la vita aveva girato per lui.

Dopo ore che se ne stava seduto, si alzò sconfortato e iniziò a ripercorrere la strada verso casa sulle familiari colline, sempre più in alto. Inevitabilmente andò in direzione del gregge, verso l’alto poggio. Mentre avanzava, il primo sole era già alto nel cielo ed il secondo aveva appena raggiunto il picco, emanando una tonalità verdognola.

Thor prese tempo e rallentò, distrattamente prese la fionda che teneva legata alla vita, l’impugnatura usurata dagli anni. Infilò la mano nel sacco che gli pendeva dal fianco e fece passare fra le dita la sua collezione di pietre, una più liscia dell’altra, e ne scelse una fra le migliori, quelle provenienti dal letto del fiume. Talvolta tirava agli uccelli, in altre occasioni a piccoli roditori. Era un’abitudine che aveva radicato negli anni. Le prime volte non prendeva un colpo; poi, un giorno, aveva colpito un bersaglio in movimento. Da quella volta era sempre andato a centro sicuro. Ora lanciare pietre era diventato una parte di lui, e gli era di aiuto per sfogare parte della sua rabbia. I suoi fratelli erano forse capaci di fendere un ceppo d’albero con la loro spada, ma non sarebbero mai stati in grado di colpire con una pietra un uccello in volo.

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