“Non mi piace,” disse Luna. “Perché c’è solo una ragazza che cerca di entrare?”
“Non lo so,” disse Kevin, “ma probabilmente dovremmo lasciarla venire dentro.”
Aveva senso, no? Se stava chiedendo aiuto, allora dovevano almeno provare a dargliene, no? La ragazza stava guardando lo schermo ora, e anche se sembrava non esserci alcun suono, non sembrava contenta che la lasciassero là fuori.
Luna premette qualcosa e ora poterono sentirla, con i microfoni che coglievano la sua voce.
“… di lasciarmi entrare! Ci sono ancora quelle cose qua fuori! Ne sono sicura!”
Kevin si trovò a guardare oltre a lei sullo schermo, e fu certo di poter distinguere le sagome di persone che si muovevano con quella strana mancanza di scopo e stimolo che suggeriva che fossero posseduti dagli alieni.
“Dovremmo lasciarla entrare,” disse Kevin. “Non possiamo lasciare qualcuno là fuori a questo modo.”
“Non sta indossando una maschera,” sottolineò Luna.
“E allora?”
Luna scosse la testa. “Allora, se non sta indossando una maschera, perché il vapore alieno non l’ha trasformata? Come facciamo a sapere che non è una di loro?”
Come a volerle dare una risposta, la ragazza sullo schermo si avvicinò di più alla videocamera e fissò dentro lo schermo.
“So che c’è qualcuno là dentro,” disse. “Ho visto la videocamera muoversi. Guardate, non sono una di loro. Sono normale. Guardatemi!”
Kevin guardò i suoi occhi. Erano grandi e castani, ma la cosa più importante era che le sue pupille erano normali. Non erano completamente bianche come quelle degli scienziati quando il vapore della roccia li aveva catturati, o come quelle di sua madre quando era tornato a casa…
“Dobbiamo lasciarla entrare,” disse ancora Kevin. “Se la lasciamo là fuori, la gente controllata dagli alieni la prenderà.”
Kevin era certo di poter vedere delle figure in uniforme militare che avanzavano adesso, muovendosi all’unisono, ovviamente sotto il controllo degli alieni.”
Corse verso l’intercapedine e usò la chiave che la dottoressa Levin gli aveva dato per aprirla. La ragazza era lì che aspettava, mentre i militari si facevano sempre più vicini e ora si mettevano a correre.
“Svelta! Dentro!” disse Kevin. Tirò la ragazza all’interno, perché non c’era tempo da perdere. Fece per chiudere la porta, sapendo che sarebbero stati al sicuro non appena l’avesse posta tra loro e i posseduti che avanzavano verso la base.
Non si spostò.
“Aiutami,” le gridò Kevin tirando la porta e sentendo la solidità dell’acciaio contro le proprie mani. La ragazza la afferrò insieme a lui, tirando la porta e buttandosi di peso contro di essa per smuoverla.
Poco distante ormai, gli ex soldati stavano avanzando di corsa, e Kevin fece di tutto per mantenere la concentrazione sulla porta, non su di loro. Era l’unico modo per tenere a bada il terrore e concentrarsi nello spingere indietro il peso, tirando la porta.
Alla fine cedette, mettendosi in movimento mentre loro la trascinavano chiudendola. Kevin udì l’eco del metallo che andava a sbattere con un click che risuonò attorno all’intercapedine.
“Avvio procedura di decontaminazione,” disse una voce elettronica nello stesso modo che aveva fatto quando Kevin e Luna erano arrivati la prima volta. Si sentì lo scorrere dell’aria che veniva pulita dai filtri del bunker attorno a loro.
“Ciao, mi chiamo Kevin,” le disse. Sospettava che ci fosse bisogno di dire qualcosa di molto più drammatico in un momento come quello, ma non gli veniva in mente niente.
La ragazza rimase in silenzio per un momento o due, poi sembrò rendersi conto che Kevin potesse essere in attesa di una risposta. “Io sono Chloe.”
“Piacere di conoscerti, Chloe,” disse Kevin.
Lei lo guardò in silenzio, come se lo stesse valutando, e sembrò quasi sul punto di scappare. “Sì, immagino.”
L’altra porta dell’intercapedine si aprì. Luna li stava aspettando, con il migliore sorriso che riuscì a presentare in quel momento, anche se era stata lei ad opporsi a far entrare Chloe.
“Ciao,” disse, porgendole una mano. “Io sono Luna.”
Chloe fissò la sua mano e poi scrollò le spalle senza prenderla.
“Lei è Chloe,” disse Kevin.
Chloe annuì, non particolarmente entusiasta, e si guardò attorno nervosamente.
“Dove sono tutti?” chiese alla fine.
“Non ci sono,” rispose Luna. “Ci siamo solo noi. Io e Kevin.”
Fece un passo portandosi più vicina a Kevin, come a voler sottolineare che erano una squadra. Gli mise anche una mano sulla spalla.
“Solo voi due?” disse Chloe. Si sedette su una delle sedie del centro di comando, scuotendo la testa. “Tutta questa strada, e siete solo voi due?”
“Da dove vieni?” chiese Kevin.
“Questo non ha importanza,” disse Chloe senza guardarli.
“Io penso che un pochino importi,” ribatté Luna. “Voglio dire, sei comparsa dal nulla, e ci stai chiedendo di fidarci di te.”
Chloe sollevò di scatto lo sguardo, scrollò le spalle e poi uscì dalla stanza. Kevin la seguì, più che altro perché sospettava che se l’avesse fatto Luna ci sarebbe stata una sorta di discussione, e anche perché c’era qualcosa di intrigante in Chloe. C’erano così tante cose che non sapevano di lei.
“Non serve che mi segui,” disse Chloe, girandosi a guardare Kevin che le andava dietro lungo uno dei corridoi.
“Pensavo di farti vedere il posto,” disse Kevin. “Cioè… se vuoi.”
Chloe scrollò ancora le spalle. Sembravano esserci diverse sfumature in quelle scrollate di spalle, e pareva che questa significasse ok. Kevin non era veramente sicuro di poterla capire.
“Ci stiamo guardando attorno da quando siamo arrivati qui,” disse Kevin. “Ci sono una cucina e un magazzino qua sotto, e alcuni bagni lì. Questo è il dormitorio dove dormiamo. Scegli un letto se vuoi. Io sono da quella parte, e anche Luna.”
Chloe scelse un letto. Era dall’altra parte della stanza rispetto a quelli che avevano scelto Luna e Kevin.
“Non è che non mi fidi di voi,” disse, “ma non vi conosco, e…” Scosse la testa, non completando la frase. Aveva un’espressione inquieta.
“Stai bene?” le chiese Kevin.
“Sto bene,” ribatté bruscamente Chloe, ma poi ammorbidì un poco la voce. “Sto bene. Solo è da un po’ che ho imparato a guardarmi alle spalle. Mi sa che non sono molto brava a interagire con la gente.”
“Va bene,” disse Kevin. Tornò verso la porta. “Posso andare se non vuoi…”
“Sono scappata di casa,” disse Chloe. Bastò a far fermare Kevin dove si trovava.
“Cosa?”
“Voglio dire, prima che arrivassero gli alieni,” continuò Chloe. “Mia mamma mi gridava addosso tutto il tempo, e mio papà era… beh, sono successe delle cose, e hanno detto tutti che ero pazza… comunque ho un cugino a nord. Ho pensato che se fossi riuscita ad arrivare da lui, sarei stata bene, e poi sono arrivati gli alieni.”
Kevin ebbe l’impressione che stesse sorvolando su un sacco di cose, ma lasciò perdere. Molte delle sue pause davano la sensazione di essere delle voragini che nascondevano un sacco di roba che le aveva fatto molto male, come volesse fingere che era tutto sparito. Sapeva cosa ciò significasse. Come se anche lui, facendo finta che andasse tutto bene, potesse rendere la sua malattia inesistente.
“Come sei sopravvissuta là fuori?” le chiese.
“Ho fatto quello che dovevo fare,” disse Chloe sulla difensiva, e di nuovo preoccupata. “Aspetta, intendi dire quando tutti gli altri sono cambiati? Ero… immagino sia stata solo fortuna. Ero all’interno e lontano da tutto quando ha iniziato ad accadere, e la gente diceva che c’era un gas o qualcosa del genere, ma quando sono uscita c’erano solo quelle cose che cercavano di prendere la gente e respirargli addosso.”
“Quando sei uscita?” chiese Kevin.
“Quel macellaio mi ha chiuso nel suo magazzino per la carne. Ha detto che stavo tentando di rubargli la roba.”