Морган Райс - La Forgia del Valore стр 9.

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“Quale prova?” chiese.

Sovos finalmente si girò a guardarlo con occhi perforanti.

“Se sei il prescelto,” disse, “la nostra causa ricadrà sulle tue spalle; altrimenti sarai completamente inutile per noi.”

Alec cercava di capire.

“Stiamo navigando da giorni e non siamo ancora arrivati da nessuna parte,” osservò. “Solo sempre più in mezzo al mare. Non riesco neanche più a vedere Escalon.”

L’uomo fece un sorrisetto.

“E dove pensi che stiamo andando?” chiese.

Alec scrollò le spalle.

“Pare che siamo diretti verso nord-est. Forse da qualche parte verso Marda.”

Alec scrutò l’orizzonte esasperato.

Finalmente Sovos rispose.

“Quanto ti sbagli, ragazzo,” rispose. “Quanto ti sbagli davvero.”

Una forte folata di vento si levò e Sovos si girò nuovamente verso l’elmo. La barca navigava tra la schiuma delle onde. Alec guardò oltre e per la prima volta fu sorpreso di scorgere una sagoma all’orizzonte.

Sopraffatto dalla sorpresa e dall’eccitazione corse in avanti e si aggrappò al corrimano.

In lontananza emergevano lentamente delle masse di terra che iniziavano appena a prendere forma. La terra sembrava luccicare, come se fosse fatta di diamanti. Alec sollevò una mano e se la portò agli occhi, scrutò davanti a sé, chiedendosi di cosa si potesse trattare. Quale isola poteva esistere là fuori, nel mezzo del nulla? Si scervellò, ma non gli venne in mente nessuna terra che conoscesse dalle mappe. Era forse un qualche paese di cui non aveva mai sentito parlare?

“Cos’è?” chiese di getto, fissando pieno di curiosità.

Sovos si voltò e, per la prima volta da quando Alec lo conosceva, sorrise.

“Benvenuto, amico mio,” disse, “alle Isole Perdute.”

CAPITOLO SETTE

Aidan si trovava in piedi legato a un palo, incapace di muoversi mentre guardava suo padre inginocchiato a pochi passi da lui, affiancato da soldati pandesiani. Stavano lì vicino con le spade sollevate sopra la sua testa.

“NO!” gridò Aidan.

Cercò di liberarsi, di correre avanti per salvarlo, ma non contava con quanta tenacia ci provasse: non riusciva a spostarsi, le funi affondavano nei polsi e nelle caviglie. Era costretto a guardare suo padre inginocchiato lì, gli occhi pieni di lacrime che lo fissavano in cerca di aiuto.

“Aidan!” gridò suo padre allungando una mano.

“Padre!” gridò Aidan in risposta.

Le lame scesero e un attimo dopo Aidan si sentì spruzzare il volto di sangue mentre la testa di suo padre veniva mozzata.

“NO!” gridò Aidan sentendo che la sua vita collassava insieme a lui, sentendosi sprofondare in un buco nero.

Aidan si svegliò di soprassalto, ansimante e ricoperto di sudore freddo. Si mise a sedere nel buio, sforzandosi di capire dove si trovasse.

“Padre!” gridò ancora mezzo addormentato, cercandolo e provando ancora la tremenda urgenza di salvarlo.

Si guardò attorno, sentì qualcosa sul suo viso e tra i capelli, su tutto il corpo, e si rese conto che era difficile respirare. Allungò le mani e si tolse qualcosa di leggero e lungo dal volto, accorgendosi che si trovava disteso sotto un mucchio di fieno, quasi sepolto all’interno. Rapidamente se lo tolse di dosso e si mise a sedere.

Era buio là dentro, solo il debole baluginio di una torcia appariva tra le fessure e presto si rese conto che si trovava nel retro di un carro. Accanto a lui sentì un fruscio e guardando oltre vide con sollievo che si trattava di Bianco. Il grosso cane balzò in piedi e gli si portò accanto leccandogli il volto, mentre Aidan lo abbracciava.

Aidan respirava affannosamente, ancora frastornato per il sogno. Era sembrato così reale. Suo padre era veramente stato ucciso? Cercò di pensare a quando l’aveva visto l’ultima volta, nella corte reale, vittima di un’imboscata, circondato. Ricordò di aver cercato di aiutarlo e poi di essere stato trascinato via da Motley nel fitto della notte. Ricordò Motley che lo metteva su un carro e che poi viaggiavano attraverso le vie secondarie di Andros per scappare.

Questo spiegava il carro. Ma dove erano andati? Dove lo aveva portato Motley?

Si aprì la porta e dalla stanza uscì un piccolo fascio di luce che illuminò il buio. Aidan riuscì finalmente a vedere dove si trovava: davanti a lui c’era una piccola stanza di pietra, il soffitto basso e arcuato, simile a una piccola casetta di campagna o a una taverna. Sollevò lo sguardo e vide Motley che si trovava sulla porta, incorniciato dalla luce della torcia.

“Continua a gridare a quel modo e i Pandesiani ci troveranno,” lo avvisò.

Motley si voltò e tornò verso la stanza ben illuminata in lontananza. Aidan balzò rapidamente in piedi, scese dal carro e lo seguì, con Bianco al suo fianco. Quando anche Aidan fu entrato nella stanza luminosa, Motley chiuse velocemente la spessa porta di legno dietro di sé e diede diversi giri di chiavistello.

Aidan si guardò attorno mentre gli occhi si adeguavano alla luce e riconobbe dei volti familiari: gli amici di Motley. Gli attori. Tutti quegli artisti di strada. Erano tutti lì, tutti nascosti, al riparo in quel locale di pietra senza finestre. Tutti quei volti, una volta così allegri, ora erano cupi e funerei.

“Ci sono Pandesiani ovunque,” disse Motley ad Aidan. “Tieni la voce bassa.”

Aidan, imbarazzato, non si era accorto che stava gridando.

“Scusate,” disse. “Ho fatto un incubo.”

“Li facciamo tutti gli incubi,” rispose Motley.

“Stiamo vivendo in un incubo,” disse un attore con volto tetro.

“Dove siamo?” chiese Aidan guardandosi attorno confuso.

“Una taverna,” rispose Motley, “dalla parte opposta di Andros. Siamo ancora nella capitale, nascosti. I Pandesiani sono di pattuglia là fuori. Sono passati qua vicino diverse volte, ma non sono entrati, e non lo faranno fino a che manterremo il silenzio. Qui siamo al sicuro.”

“Per ora,” esclamò uno dei suoi amici con tono scettico.

Aidan, sentendo l’urgenza di aiutare suo padre, cercò di ricordare.

“Mio padre,” disse… “è… morto?”

Motley scosse la testa.

“Non lo so. È stato catturato. Quella è stata l’ultima volta che l’ho visto.”

Aidan provò un’ondata di rancore.

“Mi hai portato via!” disse con rabbia. “Non avresti dovuto farlo. Lo avrei aiutato!”

Motley si strofinò il mento.

“E come ci saresti mai riuscito?”

Aidan scrollò le spalle, scervellandosi.

“Non lo so,” rispose. “In qualche modo.”

Motley annuì.

“Ci avresti provato,” concordò Motley, “e ora saresti bell’è morto.”

“Lui è morto allora?” chiese Aidan sentendosi il cuore contorcersi dentro al petto.

Motley scrollò le spalle.

“Non quando ce ne siamo andati,” disse. “Ora non lo so proprio. Non abbiamo anici o spie nella città: è stata presa d’assedio dai Pandesiani. Tutti gli uomini di tuo padre sono stati imprigionati. Temo che ci troviamo tutti alla mercé dei Pandesiani.”

Aidan strinse i pugni, pensando solo a suo padre che marciva in una cella.

“Devo salvarlo,” dichiarò pieno di determinazione. “Non posso abbandonarlo lì. Devo andarmene subito da qui.”

Aidan balzò in piedi e corse alla porta. Stava iniziando ad aprirla tirando i primi catenacci quando Motley gli si parò davanti e mise un piede davanti all’infisso così che non potesse aprirlo.

“Vai adesso,” disse, “e ci farai ammazzare tutti quanti.”

Aidan lo guardò e lo vide serio per la prima volta. Capì quindi che aveva ragione. Provò un nuovo senso di gratitudine e rispetto per lui: dopotutto gli aveva effettivamente salvato la vita. Aidan gli sarebbe sempre stato riconoscente per questo. Ma allo stesso tempo provava un bruciante desiderio di salvare suo padre, e sapeva che ogni secondo era prezioso.

“Hai detto che ci sarebbe stato un altro modo,” disse Aidan ricordando. “Che ci sarebbe stato un altro modo di salvarlo.”

Motley annuì.

“È vero,” annuì.

“Erano solo parole vuote allora?” chiese Aidan.

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