Морган Райс - Un Lamento Funebre per Principi стр 5.

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Sarebbe tornato a casa ad Ashton e avrebbe fatto la parte del principe che la sua famiglia voleva da lui. Niente avrebbe fatto alcuna differenza.

Niente, ora che Sofia era morta.

CAPITOLO TRE

Cora fu più che grata quando il terreno tornò ad essere pianeggiante. Sembrava che lei ed Emeline stessero camminando da sempre, anche se l’amica non mostrava alcun segno di fatica.

“Come fai a continuare a camminare come se non fossi stanca?” chiese Cora mentre Emeline continuava ad incalzare l’avanzata. “È una sorta di magia?”

Emeline si guardò alle spalle. “Non è magia, è solo che… ho trascorso la maggior parte della mia vita nelle strade di Ashton. Se mostravo che ero debole, la gente trovava dei modi per approfittarsi di me.”

Cora tentò di immaginarlo: vivere in un posto dove c’era una possibilità di violenza ogni volta che qualcuno mostrava debolezza. Si rese conto che non serviva immaginarselo, però.

“A palazzo erano Rupert e i suoi parassiti,” disse, “o le ragazze nobili che pensavano di poter abusare di te solo perché erano arrabbiate per qualcosa.”

Vide Emeline piegare la testa di lato. “Avrei pensato che le cose fossero migliori a palazzo,” disse. “Almeno non dovevi schivare le bande o i cacciatori di schiavi. Non dovevi trascorrere la notte rannicchiata e nascosta in magazzini di carbone in modo che nessuno ti trovasse.”

“Perché ero già vincolata,” sottolineò Cora. “Non avevo neanche un letto a palazzo. Davano semplicemente per scontato che potessi trovare un angolo per dormire. Oppure che qualche nobile mi volesse nel suo letto.”

Con sorpresa di Cora, Emeline la strinse in un abbraccio. Se c’era una cosa che Cora aveva imparato strada facendo, era che Emeline non era una persona particolarmente espansiva di solito.

“Ho visto dei nobili una volta, in città,” disse Emeline. “Pensavo che fossero qualcosa di più brillante e migliore di una delle bande, fino a che non mi sono avvicinata. Poi ho visto uno di loro che picchiava un uomo facendogli perdere i sensi solo perché gli era permesso. Erano proprio la stessa cosa.”

Sembrava strano, essere così legate su quanto dure fossero state le loro vite, ma Cora si sentiva più vicina ad Emeline rispetto all’inizio. Non solo perché avevano passato più o meno le stesse cose nelle loro vite. Ora avevano anche viaggiato a lungo insieme, e c’era la prospettiva di molti chilometri ancora da percorrere.

“Casapietra sarà lì,” disse Cora, tentando di convincere se stessa quanto Emeline.

“Sì,” disse Emeline. “Sofia l’ha vista.”

Sembrava strano, porre così tanta fiducia nei poteri di Sofia, ma la verità era che Cora si fidava davvero di lei, assolutamente. Avrebbe volentieri scommesso la propria vita sulle cose che Sofia aveva visto, e non c’era nessun altro al di fuori di Emeline con cui avrebbe condiviso quel viaggio.

Continuarono a procedere, e mentre si dirigevano verso ovest, iniziarono a vedere più fiumi, in reti che si collegavano come capillari che portavano ad arterie più grosse. Presto parve esserci quasi più acqua che terra, così che anche i campi nel mezzo erano come cose in parte allagate, con la gente che coltivava in fango che minacciava di trasformare il tutto in palude da un momento all’altro. La pioggia pareva essere una costante, e sebbene occasionalmente Cora ed Emeline si rannicchiassero da qualche parte per evitarne il peggio, per la maggior parte del tempo continuarono ad avanzare.

“Guarda,” disse Emeline indicando una delle rive del fiume. Tutto ciò che Cora poté vedere all’inizio furono delle canne che crescevano nel mezzo, spostate qua e là dal movimento di piccoli animali. Poi vide la barchetta capovolta a riva, come la conchiglia di qualche creatura corazzata.

“Oh, no,” disse Cora, immaginando cosa volesse fare Emeline.

Emeline le mise una mano sul braccio. “Va tutto bene. Sono brava con le barche. Vieni, ti divertirai.”

Fece strada fino alla barca e tutto ciò che Cora poté fare fu seguirla, sperando silenziosamente che non ci fossero i remi. C’era una pagaia però, e sembrava essere quello che serviva ad Emeline. In un batter d’occhio era nella barca, e Cora dovette saltare accanto a lei, altrimenti sarebbe rimasta a camminare a riva.

Si avanzava più rapidamente che a piedi, Cora doveva ammetterlo. Scivolavano lungo il fiume come un sasso gettato dalla mano di un gigante. Era rilassante come era stato starsene sedute nel carro. Più rilassante, dato che avevano passato la metà del tempo a saltare a terra per spingerlo nel risalire le colline o per disincagliarlo fuori dal fango. E poi sembrava che ad Emeline piacesse pilotare la barca, navigando seguendo i cambiamenti del fiume mentre passava da acqua mossa a liscia, e poi nuovamente agitata.

Cora vide il momento in cui l’acqua cambiò, e vide mutare nello stesso istante l’espressione di Emeline.

“C’è… qualcosa qui,” disse Emeline. “Qualcosa di potente.”

Cos’abbiamo qui? chiese una voce risuonando nella mente di Cora. Due cose giovani e fresche. Venite più vicine, mie care. Venite più vicine.

Più avanti Cora vide… beh, non era proprio certa di cosa vide. All’inizio le parve una donna fatta d’acqua, ma un secondo dopo le sembrò un cavallo. L’urgenza di andare verso di lei era travolgente. Era come se più avanti ci fosse la salvezza.

No, era di più: era come se ci fosse la casa che l’aspettava laggiù. La casa che aveva sempre voluto, con calore, famiglia, salvezza…

Giusto. Venite da me. Posso darvi tutto quello che volete. Non sarai mai più sola.

Cora avrebbe voluto spingere avanti la barca. Avrebbe voluto tuffarsi e andare con quella creatura che prometteva così tanto. Si alzò pronta a farlo.

“Aspetta!” gridò Emeline. “È un trucco, Cora!”

Cora sentì qualcosa stringerle la mente, un muro che si alzava tra lei e le promesse di salvezza. Poteva vedere Emeline che si sforzava, e capì che era probabilmente l’altra ragazza a fare questo, bloccando il potere che le stava spingendo, usando i suoi stessi talenti.

No, vieni da me, disse la cosa, ma era una eco distante di quello che era stato prima.

Cora guardò da quella parte, ora guardò davvero. Vide un vortice d’acqua, vide le correnti attorno ad esso che avrebbero tirato sotto chiunque fosse stato tanto sciocco da passarci attraverso. Ricordò vecchie storie di spiriti del fiume, il genere di magia pericolosa che aveva portato il mondo ad essere contrario a tutto ciò.

Vide l’acqua che iniziava a cambiare sotto alla barca, e si rese conto solo in quel momento di cosa stava accadendo, mentre la corrente iniziava a trascinarla avanti.

“Emeline!” gridò. “Ci sta tirando dentro!”

Emeline rimase ferma, scossa da ovvio sforzo mentre lottava per impedire che la creatura le travolgesse entrambe. Questo significava che stava tutto a Cora. Afferrò la pagaia della barca, intenzionata ad andare verso riva e remando con tutte le sue forze.

All’inizio parve che non stesse accadendo nulla. La corrente era troppo forte, l’attrazione del kelpie troppo violenta. Cora riconobbe quei pensieri per ciò che erano e li spinse da parte. Non doveva remare contro la corrente, ma solo di lato. Spingeva contro l’acqua, costringendo la barca a spostarsi per la pura forza del suo pensiero.

Lentamente iniziò a mutare rotta, spostandosi più vicina alla riva mentre Cora remava.

“Veloce,” disse Emeline vicino a lei. “Non so quanto ancora posso essere capace di reggere.”

Cora continuò a remare, e la barca si spostava per quelli che sembravano centimetri, ma si spostava. Si fece sempre più vicina, fino a che Cora pensò che le canne potessero essere a portata di mano. Si allungò verso di esse e riuscì ad afferrarne una, usandola per tirare la loro barchetta più vicina alla riva. Trascinò la barca a riva e poi balzò a terra, afferrando il braccio di Emeline.

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