Морган Райс - Un Abbraccio Per Gli Eredi стр 10.

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Per quanto avevano proseguito a questo modo? Ore forse? Era impossibile a dirsi, quando la nebbia schermava addirittura il passaggio del sole dal cielo, e la tensione che Sebastian provava si dipanava in qualcosa che pareva durare da un’eternità. Portarono i loro cavalli attraverso quello che doveva essere il cuore delle linee del Nuovo Esercito, fuori nella brughiera, avanzando un passo alla volta.

“Ci sta lottando contro,” disse Asha dietro a Sebastian. “I suoi uccelli stanno cercando… di fare spazio… nella nebbia.”

Sembrava quasi essere impegnata a tenere una porta chiusa contro un esercito che spingeva.

“Devi resistere,” disse Sebastian. “C’è niente che posso fare per aiutarti?”

Asha rise. “Niente… che tu possa fare. Ma resisterò… per lei.”

Non disse nient’altro mentre Sebastian continuava a far avanzare il cavallo, si limitò a tenersi stretta alla sua vita con una mano, mentre la pietra cuore brillava intensamente nell’altra. Quando sentì la presa che iniziava a indebolirsi, Sebastian le afferrò il braccio, tenendolo saldamente mentre i loro cavalli avanzavano senza sosta nella brughiera.

Dopo un’altra ora, mentre si stavano facendo strada in mezzo a una sezione del terreno ricoperta di torba, troppo soffice da sostenere il loro peso, Asha cadde di sella.

Sebastian si fermò e scese accanto a lei, mentre Emeline e Cora smontavano poco avanti e accorrevano in loro aiuto portando Viola. Sebastian si inginocchiò accanto ad Asha, offrendole un sorso d’acqua dalla borraccia. La donna rispose a malapena.

“Non… ancora… arrivati,” mormorò.

“Hai fatto più del necessario,” disse Sebastian. “Siamo salvi grazie a te.”

“Viola… è…”

Si interruppe, e Sebastian vide il momento in cui la pietra cuore di Casapietra divenne opaca. Sentì la pulsazione sul collo di Asha: era assente, mentre attorno a loro la nebbia iniziava a diradarsi mentre il potere che Asha aveva emanato scompariva.

“È morta,” disse Sebastian, tutto sommato incapace di provare dolore per una persona che aveva in sé così tanta rabbia e odio come Asha, ma comunque in grado di sentire un senso di riconoscenza e rispetto per quello che aveva fatto.

“Non può essere,” disse Emeline. “Asha non avrebbe mai messo così tanto di sé nella pietra, al punto da uccidersi. Non avrebbe rinunciato a tutto per noi. Per nessuno.”

Sebastian guardò sua figlia e capì che non era vero. Asha aveva dato tutto per assicurarsi che Viola fosse al sicuro. Si era consumata trasformandosi in un guscio vuoto per mantenere la magia necessaria per proteggere sua figlia, e tutto per quello che le era apparso in una visione. Sebastian non sapeva se fosse qualcosa di ammirevole o di terrificante, in quel momento.

“Odiava tutti quelli come noi,” disse Cora, “ma ha dato la sua vita per noi.”

“Spero solo che basti,” disse Sebastian mentre la nebbia continuava a sollevarsi. Erano tanto distanti da Casapietra adesso da non poter vedere alcun segno degli uomini del Maestro dei Corvi, ma sapeva quanto poco potesse significare quando ogni uccello all’orizzonte poteva fargli rapporto.

“Posso accertarmene,” disse Emeline facendo per prendere la pietra. “Se Asha può farlo, allora io…”

Sebastian vide la mano di Cora stringersi sul suo polso. “Non osare. Non se questo potrebbe ucciderti.”

Sebastian non poteva che essere d’accordo. “Se avessi saputo che Asha avrebbe veramente continuato fino a morire, l’avrei fermata anche io. Data la situazione, è troppo pericoloso.”

Non si arrischiò a raccogliere la pietra a mani nude. Prese invece una sacca dalla cintura e ve la infilò dentro, nascondendola al mondo. Era troppo potente per lasciarla al Maestro dei Corvi.

“La seppelliamo?” chiese Cora con voce leggermente spezzata, stringendo Viola a sé come a volerla proteggere dalla vista del corpo.

“Non c’è tempo,” disse Sebastian, odiando il fatto di doverlo dire. Non voleva lasciare Asha ai corvi. Guardò verso la sezione ricoperta dalla torba. “Emeline, dammi una mano.”

Sentì Emeline sospirare. “Non sembra una fine di tutto rispetto.”

“Sempre meglio che lasciare che il Maestro dei Corvi banchetti con i suoi poteri,” disse Sebastian. “E penso che in questo momento lei avrebbe voluto che scegliessimo il modo più rapido. Scappare è il modo migliore per onorarla.”

Emeline annuì. “Mi sa di sì.”

Insieme sollevarono il corpo di Asha, adagiandolo sulla torba soffice, guardando mentre il suo corpo appesantito dalla morte sprofondava. Sebastian aspettò che scomparisse dalla vista, pensando a tutte le volte in cui aveva dato un aiuto per salvare Ashton e a quanto le dovesse per aver salvato ora sua figlia.

“Dobbiamo andare,” disse Emeline alla fine. “Almeno sono capace di tenerci nascosti dalla magia, ma questo non potrà fare niente contro corvi o soldati. Dobbiamo sbrigarci.”

Sebastian annuì. “A Monthys.”

Sebastian non era sicuro di cosa avrebbero trovato quando fossero arrivati lì. Sperava solo che ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa che permettesse loro di sopravvivere al Maestro dei Corvi.

CAPITOLO SETTE

Sofia non sapeva cosa fare, cosa dire. Per tutto quel tempo aveva cercato i suoi genitori, e in un brevissimo spazio li aveva tanto trovati quanto perduti per sempre. Poteva vedere Kate e Lucas impietriti come lei dallo shock delle loro morti, immobili, senza dare alcun segno di avere più idee di lei sul da farsi.

Il dolore sopraggiunse lentamente, come se avesse voluto metterci tanto per permetterle di iniziare a credere che tutto questo stava realmente accadendo.

“Non posso…” disse Kate accanto a lei. “Non so cosa fare.”

“Lo so,” disse Sofia, e le si strinse vicino.

Lucas si unì a loro e per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Sofia vide delle lacrime scorrergli lungo le guance.

“Se non fossi mai andato a cercarli, niente di tutto questo sarebbe successo,” disse. “Il veleno non avrebbe avuto la meglio.”

“Ma noi non li avremmo mai incontrati, e non avremmo mai incontrato neanche te,” disse Sofia. Non poteva immaginarlo. Un mondo in cui non incontrare mai suo fratello le sembrava del tutto inconcepibile.

Lo stesso poteva sentire quello che suo fratello e sua sorella stavano provando. Nel dolore, qualsiasi protezione avrebbero potuto erigere attorno a loro in condizioni normali, era ora impossibile da sostenere, e tutta la pena li avvolgeva indistintamente, in un groviglio capace di contenere la rabbia di Kate, il senso di mistero di Lucas e tutti i personali desideri di Sofia di conoscere i suoi genitori prima di questo momento. E soprattutto c’era il profondo pozzo di tristezza che sembrava riempire il mondo mentre se ne stavano lì.

Erano ancora tutti e tre lì in piedi quando delle figure vestite di sete dal colore cangiante entrarono nella casa dei loro genitori e si portarono dove i due ancora sedevano vicini l’uno all’altro.

“Chi siete?” chiese Sofia. Kate fu più diretta, portandosi tra loro e i genitori.

“Non abbiamo cattive intenzioni,” disse loro una donna. Era più bassa di Sofia, con i capelli scuri e la pelle ramata. “Sono Aia. Lady Cristina e Lord Alfred avevano previsto questo momento, e avevano predisposto il da farsi. Se avete bisogno di più tempo qui, aspetteremo, ma ci è stato detto di dire…” La donna fece una pausa, poi proseguì. “Mi è stato detto di dirvi che vi volevano un bene dell’anima, ma che i vostri compiti non possono aspettare, neanche per il dolore. Loro credono… credevano in voi e…” Si fermò mentre Kate tirava fuori la spada dal suo fodero.

“Kate,” disse Sofia con gentilezza. “Anche io sto soffrendo, ma lei sta solo cercando di dire quello che i nostri genitori non sono riusciti a spiegarci.”

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