Морган Райс - Solo chi è coraggioso стр 8.

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“No, Gwylim, non farlo,” disse Royce. La distrazione quasi gli costò la vita mentre il suo avversario lo colpiva allo stomaco con il manico dell’ascia, pronto poi a calarla contro di lui in un fendente mortale. Royce rotolò via e l’accetta colpì la terra dove si era trovato un istante prima.

“Padre, ti prego,” gridò Royce. Gettò via la spada di ossidiana, intenzionato a fargli capire che non era lì per combattere.

“Pensi che possa cascare in un trucchetto del genere?” chiese suo padre. “Pensi che gli assassini non abbiano finto di essere tutti coloro a cui voglio bene, ormai? Intendi indurmi ad abbracciarti così da potermi pugnalare? Ho dato a mio figlio un ciondolo con il mio sigillo in modo da poterlo riconoscere. Ce l’hai? No? Penso di no!”

Fece un passo avanti, l’ascia sollevata sulla propria testa, e per un momento Royce temette che la magia dello specchio lo avesse reso pazzo come aveva fatto con Barihash, capace solo di vedere nemici ovunque. Royce alzò le mani per arrendersi, nella speranza che suo padre fosse un uomo ancora abbastanza buono almeno da riconoscere quel gesto.

L’uomo rimase fermo fissando le mani di Royce, che presto si rese conto di cosa stava guardando: il simbolo impresso lì, le cicatrici di quando era stato bambino, quando aveva allungato la mano per afferrare il ciondolo che era finito in mezzo alle fiamme.

Suo padre si fermò e lasciò cadere l’accetta. “Tu… quello è il mio simbolo. Quello è il ciondolo che ti ho dato. Tu sei mio figlio.”

Royce sorrise. “Ciao, padre.”

CAPITOLO CINQUE

Royce stava fermo, i palmi tesi in avanti. L’uomo fece un passo indietro.

“Royce, sei proprio tu?”

“Sì, padre,” gli rispose, e anche lui stentava a crederlo. Dopo tutto quello che aveva passato per trovarlo, suo padre ora era lì davanti a lui. Quest’uomo dall’aspetto selvaggio, con la barba così lunga da sfiorargli l’ombelico, era suo padre. Il re.

Era difficile da credere, ma Royce sapeva che era vero. Royce poteva vederlo ora, nella somiglianza con i suoi lineamenti, ma c’era di più. Suo padre portava un anello con il sigillo reale, e anche se i suoi abiti erano consumati e sbiancati dal sole, se ne riconosceva ancora la loro ricca origine.

“Sei tu. Sei…”

Suo padre corse in avanti e lo abbracciò con forza. “Ho aspettato… così tanto questo giorno.” La sua voce risuonava secca e un po’ rotta, come se non avesse parlato per molto tempo. Sembrava ricordare le parole con un po’ di difficoltà. “Sei sicuro… sei sicuro che sei tu? Che non sei un sogno?”

Era il genere di domanda che poteva venire solo dall’essere rimasto solo così a lungo.

“No, non importa. Sei tu. L’ho visto! Ho visto tutto! Dal momento in cui ho trovato tua madre tanto tempo fa, ho sperato così tanto di poterti rivedere quando fossi cresciuto.”

Royce rispose all’abbraccio di suo padre. C’erano così tante domande che voleva fargli, così tante cose che voleva dirgli.

“Vedi le pietre?” chiese suo padre, con l’orgoglio di un uomo che vuole fare mostra del poco che possiede. “Le storie dei tuoi antenati, Royce.”

Fece strada accanto alla capanna, fino a un punto in cui si trovava un’altra lastra di roccia, screpolata e composta di diversi pezzi. Sopra c’era l’inizio di un’altra storia.

“Ho cercato di aggiungere la mia vita alle loro,” disse re Filippo. “Su un’isola come questa, è facile trovare il tempo per farlo. Ho parlato con loro, anche se non mi hanno risposto. Non volevo dimenticare come si parla.”

“Perché venire qui, però?” chiese Royce.

Suo padre scrollò le spalle. “Ho guardato nello specchio.”

Era una risposta, e allo stesso tempo non lo era. Per chiunque altro, non avrebbe avuto senso, ma anche Royce aveva guardato. Poteva capire cosa significava dover fare cose che non si potevano spiegare.

“Ci sono cose che non si possono dire,” disse.

Suo padre annuì. Allontanandosi da lui, si avvicinò a Gwylim e gli si piegò accanto, non nel modo in cui uomo avrebbe fatto con un cane, ma piuttosto come con un uomo seduto a terra. Tese il braccio e Bragia vi atterrò sopra.

“Questi che hai trovato sono strani compagni, figlio mio,” disse. “Lo strumento di una strega e una cosa che non è sempre stata un lupo.”

“Non sono gli unici,” disse Royce. “I miei amici sono ancora sulla barca.”

“E se fossero venuti sull’isola, non mi sarei fatto vedere,” disse suo padre. “Sarei stato alla larga e avrei rubato la vostra barca per fuggire.”

Royce annuì, perché quella parte la conosceva. L’aveva vista nello specchio.

“Perché te ne sei andato?” gli chiese. “Perché sei venuto qui?”

“Dovevo andarmene, altrimenti mi avrebbero ucciso,” disse suo padre. “E avrebbero ucciso anche te. Sono venuto qui perché questo posto un tempo era nostro, della nostra famiglia.”

“E hai lasciato una pista da seguire per me, perché sapevi che sarei venuto a cercarti,” disse Royce.

“Non ne sono sicuro,” spiegò suo padre. “Stare aggrappati alle cose dello specchio è difficile. Ricordo di averlo fatto, ma tutti i motivi, e tutte le cose che potrebbero portare a… tu hai guardato nello specchio, anche se ti ho avvisato di non farlo.”

“Sì,” disse Royce. “Devi aver visto che l’avrei fatto.”

Suo padre sorrise, come se Royce non avesse colto il punto. “Non funziona così.”

“Io ho visto delle cose,” continuò Royce. “Ho visto come deve andare questa cosa. Devi tornare. Il re deve tornare perché tutto abbia fine.”

Ora il sorriso di suo padre divenne una risata che riecheggiò nello spazio aperto della radura, facendo scappare i pochi cervi che avevano ricominciato a pascolare.

“Non funziona neanche così,” gli spiegò.

“E allora come funziona?” chiese Royce.

“Lo specchio non ti dona saggezza, ma ti mostra delle possibilità,” disse suo padre. “Così tante che è impossibile conservarle tutte. La tua mente ne sceglie alcune, ma quello che ottieni è ciò che ci porti. Barihash, la cosa là sotto, deve aver provato sospetto prima di guardarci, quindi si è aggrappato a tutte le possibilità che gli mostravano i modi in cui veniva tradito.”

Aveva un sacco di senso per Royce. Lui stesso aveva visto quelle possibilità ed era stato in grado di mettersi a scegliere tra esse. Aveva scelto il filo scintillante delle cose che potevano funzionare, e anche adesso lo vedeva nella sua mente, mentre il resto era impossibile da conservare.

“C’era un… uomo,” disse Royce. “Gli ho mostrato lo specchio nel momento prima che mi uccidesse e lui… si è fermato. Mi ha implorato di ucciderlo.”

“L’uomo grigio,” disse suo padre. “L’Angarthim.”

Non disse altro per qualche secondo, avendo ovviamente difficoltà a trovare le parole.

“Qual è la cosa più orribile che puoi mostrare a un uomo che ha subito un lavaggio del cervello per tutta la vita? Puoi mostrargli la verità. E quali possibilità gli avrà mostrato la sua mente, essendo lui un uomo che prima aveva visto solo dei frammenti?”

Royce non poteva neanche immaginarlo. E poi, non voleva davvero immaginarlo, perché c’erano troppe possibilità già nella sua testa, senza doversi mettere a pensare ad altro. Aveva visto qualcosa di ciò che sarebbe successo se lui avesse fatto la cosa sbagliata, tutti i modi in cui il mondo poteva trasformarsi in sangue, morte e orrore. Doveva tenersi stretto al sentiero che andava in mezzo a tutto ciò che aveva visto, e questo era l’unico modo in cui le cose sarebbero andate bene.

“Perché non mi ha fatto impazzire?” chiese.

“Perché sei abbastanza forte da vederlo per quello che è,” disse suo padre. “O perché sei stato abbastanza forte da tirarti indietro quando ne hai avuto bisogno. Ho visto uno scorcio. Avrei potuto lottare contro Barihash per più di questo, ma sapevo che non avrei mai potuto contenere tutto.”

“Io ho ucciso Barihash,” disse Royce. Provò un certo senso di colpa nell’ammetterlo a suo padre.

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