“Nervosi?” chiese agli altri.
“Certo che no,” disse Lofen con ovvia baldanza. Lofen era sempre pronto a combattere, e magari questo gli sarebbe stato utile nell’andare alla ricerca di Picti, ma ad ogni modo Raymond si trovò a pensare che sarebbe stato meglio che avesse una mappa e un’idea di massima.
“Farò ciò che serve,” disse Garet, ovviamente tentando di apparire coraggioso come il fratello. Raymond avrebbe voluto dirgli che sapeva che lui era coraggioso: aveva visto quanto i suoi fratelli fossero stati forti quanto erano stati intrappolati nelle prigioni di Altfor. “Troverò soldati per la nostra causa.”
“Vi troverò quelli che potranno essere di aiuto,” disse Moira, il suo cavallo vicino a quello di Garet. Raymond non era sicuro di cosa pensare della sua presenza lì. Il fatto che fosse una nobile sarebbe stato utile nel portare i nobili dalla loro parte, e poi si era offerta lei di aiutare, ma Raymond poteva già vedere il modo in cui Garet la guardava, e sapeva che le cose sarebbero state complicate.
“Vedi di fare attenzione e non metterti nei guai,” disse Raymond al fratello più giovane. Portò poi la sua attenzione su Moria. Non si poteva negare che fosse bellissima, e certo non l’avrebbe biasimata per essere stata presa dai nobili, ma c’era comunque qualcosa nel modo in cui aveva offerto il suo aiuto che lo metteva a disagio. “E tu vedi di tenerlo al sicuro.”
“Non sono un bambino,” disse Garet. “Sono un uomo, e farò un lavoro da uomo.”
“Solo fintanto che ci porti la gente che ci serve,” disse Raymond.
“Ho la parte facile,” insistette Garet. “Sei tu quello che deve persuadere la gente a insorgere.”
Raymond annuì. “Insorgeranno. Lo faranno per Royce.”
Aveva visto il modo in cui suo fratello era riuscito a convincere la gente a combattere più aspramente, e come era stato capace di sconfiggere i peggiori nemici. Aveva ucciso un grande guerriero come Sir Alistair e aveva guidato l’esercito del conte di Undine. La gente sarebbe insorta in nome di Royce.
“Immagino allora che questo sia un arrivederci,” disse Lofen. Non c’era molta emozione nella sua voce, ma Raymond sapeva che la stava tenendo lì, sotto la superficie. Sperava solo che suo fratello potesse elaborare una richiesta più sentita quando fosse arrivato dai Picti. Sperava anche che stesse al sicuro, perché aveva visto di cosa erano capaci quei selvaggi della terra quando si erano trovati dalla roccia guaritrice.
“Non è un arrivederci per lungo tempo, spero,” disse Raymond. “Ricorda solo…”
“Di portarli al castello del conte di Undine, non a quello del vecchio duca,” disse Lofen. “Sì, lo so. Lo hai detto già tante volte.”
“Volevo dire che voglio bene a tutti e due, fratelli,” disse Raymond. “Anche se tu sei un idiota, Lofen, e Garet è alle prime armi per avere un po’ di sale in zucca.”
“Almeno noi non facciamo la mamma chioccia oppressiva,” ribatté Garet con veemenza. Fece girare il suo cavallo e lo spronò ad avanzare. “Ci vediamo presto, fratello, con un esercito!”
“Gli starò attenta,” disse Moira, seguendo Garet con il proprio cavallo.
“Me lo auguro,” le rispose Raymond.
“Ti stai comportando in modo duro con lei,” disse Lofen mentre i due si allontanavano.
“È più la dolcezza di Garet nei suoi confronti che mi preoccupa,” disse Raymond
Vide suo fratello scrollare le spalle. “Almeno ha con sé una donna bellissima che conosce la gente che vedrà. Perché non ho potuto portare con me quella Neave…”
Raymond rise. “Pensi che sarebbe stata interessata a te? L’hai vista con Matilde. E poi i Picti saranno facili da trovare. Vai nei posti più selvaggi e aspetta che uno di loro ti tiri addosso qualcosa.”
Lofen deglutì. “Tu scherzi, ma non penso ti piacerebbe se tornassi infilzato da un sacco di frecce. Ma lo farò, e riporterò con me il mio esercito.”
Detto questo, partì in direzione delle terre dei Picti, cosicché Raymond rimase da solo all’incrocio. Confronto ai suoi fratelli, gli pareva di avere il compito più facile: convincere la gente scontenta del regno a unirsi alla loro causa. Dopo così tanti anni di abusi da parte dei nobili che servivano re Carris, erano di certo pronti ad accendersi alla minima scintilla sollevata dalle sue parole.
Lo stesso, mentre Raymond partiva al piccolo galoppo in direzione di uno dei villaggi, si trovò a desiderare che i suoi fratelli fossero andati con lui.
***
Il primo villaggio era un posto talmente piccolo da non essere probabilmente neanche indicato sulla maggior parte delle mappe. Aveva un nome, Byesby, e poche case: tutto qua. Era poco più che una onorata tenuta agricola, a dire il vero, senza neanche una locanda dove la gente del posto potesse riunirsi. Il meglio che si poteva dire era che almeno non si vedevano guardie nei paraggi, al servizio di possibili governatori locali e che potessero tentare di fermare Raymond, impedendogli di indurre la gente a insorgere.
Raymond si portò al centro dell’abitato, che sembrava essere contrassegnato da una piccola bacheca in legno per messaggi, posta accanto a un pozzo che ovviamente non veniva usato da un po’. C’erano alcune persone per strada che lavoravano, e altre uscirono quando Raymond arrivò con il suo cavallo. Probabilmente non erano soliti vedere molti uomini in armatura da quelle parti. Poteva anche darsi che pensassero che fosse stato un nobile a mandarlo, per reclamare quel posto.
“Ascoltatemi,” disse Raymond a voce alta restando a cavallo. “Venite qua attorno, tutti quanti!”
Lentamente la gente iniziò ad avvicinarsi. Raymond aveva visto più gente nelle battaglie, ma gli venne in mente, mentre piano piano lo circondavano, che non aveva mai parlato a così tanti tutti insieme prima d’ora. In quel momento si sentì seccare la bocca e le mani iniziarono a sudare.
“Chi sei?” chiese un uomo che aveva l’aspetto robusto di un fabbro. “Non abbiamo tempo per razziatori o banditi qui.”
Sollevò un martello come a sottolineare il fatto che non erano indifesi.
“Allora sappi che non sono nessuno dei due!” gridò Raymond all’uomo. “Sono qui per aiutarvi!”
“A meno che tu non abbia in mente di dare una mano con il raccolto, non vedo come tu possa aiutarci,” commentò un altro uomo.
Una delle donne più anziane lo squadrò dalla testa ai piedi. “A me vengono in mente dei modi.”
Bastò il modo in cui lo disse a far provare a Raymond un immenso imbarazzo. Cercò di non farci caso, e lo trovò difficile come battersi con la spada contro un valente avversario.
“Non avete sentito che il vecchio duca e suo figlio Altfor sono stati spodestati?” chiese Raymond.
“E noi cosa centriamo?” rispose il fabbro. Dal modo in cui la gente annuiva quando parlava, Raymond ebbe la sensazione che fosse l’uomo che veniva più ascoltato lì. “Siamo nelle terre di Lord Harris qui.”
“Lord Harris, che prende le vostre cose come fanno gli altri nobili,” disse Raymond. Sapeva che c’erano signori migliori e più gentili, come il conte di Undine, ma da quello che poteva ricordare il governatore di quelle terre non era di quel genere. “Quanto spesso dovranno venire nei vostri villaggi a rubare prima che gli diciate che quel che è troppo è troppo?”
“Saremmo piuttosto stupidi a farlo,” disse il fabbro. “Ha soldati al suo servizio.”
“E noi abbiamo un esercito!” gridò Raymond. “Avete sentito che il vecchio duca è stato spodestato? Beh, siamo stati noi, e nel nome del legittimo re, Royce!”
Nella sua immaginazione la sua voce risuonava potente come un tuono. Nella realtà però Raymond vide alcune persone in fondo alla folla che si allungavano per poter sentire.
“Sei Royce?” chiese il fabbro. “Sei tu che affermi di essere il figlio del vecchio re?”
“No, no,” spiegò rapidamente Raymond. “Sono suo fratello.”