Finalmente, un giorno aveva scritto COLAZIONE? su un foglio strappato da un bloc notes e l’aveva premuto contro il vetro della cabina. Lei aveva annuito. Le aveva preparato dei pancake a casa sua, e da allora erano sempre stati insieme.
“Non ti preoccupare di me,” gli sussurrò, sorridendogli. Sapeva che non era il caso di chiedere le sue attenzioni quando le basi erano cariche.
Torres al disco. Il lanciatore ha aperto con un tiro sorprendente da novanta miglia all’ora. Primo tiro. Prenderà il tiro? Bunt! Torres fa un bunt!
“Oh, andiamo!” gridò Mark, sbattendo i palmi sul volante.
Guardò Mia con un sorriso imbarazzato. “Scusa, tesoro. Sei bellissima! Adesso che ho la mia ragazza in macchina, spengo.”
“Grazie, ma non vorrei mai mettermi tra te e Torres,” gli rispose, asciugando le goccioline d’acqua sul suo vestito, mentre l’umidità le faceva arricciare i capelli, trasformandoli in una criniera selvaggia.
Mark guardò Mia raggiante. Stavano davvero bene insieme.
“Senti, so quanto adori il teatro,” le disse con orgoglio. “Quindi mi sono procurato i biglietti per Aspettando Godot. Dovrebbe essere esilarante.”
“Aspettando Godot di Beckett?”
“Sì, ho sentito che è uno spasso.”
“Più o meno, immagino. Direi più una tragicommedia,” commentò Mia.
“Tragicommedia? Fai l’espertona di letteratura inglese?” disse Mark ridendo. “Ad ogni modo, c’è quel tizio della TV, quello che fa lo sceriffo nella città con i mostri. Lui fa uno dei pagliacci, o quello che è.”
“Beh, adoro Beckett,” disse Mia, un po’ preoccupata dal ragionamento di Mark.
“Allora poi mi aspetto una spiegazione completa,” la canzonò lui, chinandosi a baciarla.
“Se insisti,” disse lei, un po’ senza fiato. Mentre lo baciava, sentì la tensione della giornata che si scioglieva.
Poi Mark si tirò indietro e appoggiò entrambe le mani sul volante.
“Ora fai la brava, signorina Bold. Questo appuntamento sta ufficialmente per avere inizio.”
“Ci proverò,” disse lei ridacchiando. Era bello ridere, finalmente.
“Che giornata!” disse Mark, mentre si immetteva nel traffico. “Prima sono stato al banco estero, ed è stato da matti. Un sacco di gente che cedeva azioni per colpa di quel dittatore nel medio oriente, quello che piace tanto ai russi. Tutti a spostare i soldi attraverso i conti Forex e a comprare obbligazioni.”
Mia stava ascoltando solo per metà, pensando al modo migliore per presentargli le sue novità. Non sentendola rispondere, Mark lo prese erroneamente come un accenno a cambiare discorso e spostò la sua attenzione su di lei.
“Allora, come sta andando alla fabbrica di pastiglie?”
Mia sinceramente non aveva idea di come iniziare.
“Te lo dico mentre ceniamo.”
Mark andò fino a un ristorante italiano che entrambi amavano e lasciò la macchina nel parcheggio mezzo vuoto. Mentre le apriva la porta, Mia si sentiva nervosa. Cosa gli avrebbe raccontato? Aver perso sia l’appartamento che il lavoro era un po’ sconsolante, oltre ad essere un sacco di roba da spiegare.
Il ristorante era caldo e accogliente. Un robusto cameriere li accompagnò a un tavolino d’angolo, dove si sistemarono, preparandosi a ordinare. Mark si accomodò, perfettamente a proprio agio.
“Allora, il tuo capo è andato a nessun convegno del Dottor Who, ultimamente?”
“Ecco, diciamo che è una delle cose di cui vorrei parlare.”
“Il Dottor Who?” rispose Mark ironico.
Mia lo guardò nervosamente, sperando di ricevere da lui un qualche aiuto, ma Mark continuava a studiare il suo menù, aspettando che lei finisse il discorso. Mia decise quindi di partire dalle piccole cose e dirgli prima dell’appartamento.
“Mi dovrò trasferire…”
Mark sollevò leggermente le sopracciglia. Curioso, ma non preoccupato.
“… trasferirti? Pensavo che Brynn e Jeff ti sostenessero.”
“Jeffrey ha venduto il condominio.”
“Ma dai! Jeff ha venduto il condominio? Deve aver fatto un colpaccio! Adoro quell’uomo.”
“Devo andarmene tra due settimane.”
“Oooh, roba rapida. Non ti preoccupare, tesoro,” la rassicurò. “Troveremo un posto, chiameremo una ditta di traslochi. Andrà tutto bene.”
Mia fissò Mark confusa. Sapeva che lei stava vivendo senza dover pagare l’affitto, eppure non sembrava per niente preoccupato. Doveva raccontargli il resto, aiutarlo a vedere il quadro completo.
“Il fatto è che ho perso il lavoro,” disse.
“Sul serio? Cos’è successo?” Questa volta Mark sembrava davvero preoccupato. Si chinò in avanti e le diede tutta la sua attenzione.
La storia le uscì di bocca in un migliaio di pezzetti frammentati, concludendosi con l’epico scontro finale con Miles Cameron.
“Miles Cameron? Il megamiliardario?”
“Sì, è stato davvero orribile…” Mentre descriveva i dettagli, l’atteggiamento di Mark iniziò a cambiare. La sua espressione solitamente così solare si fece più dura. Le narici si dilatarono in chiaro segno di rabbia.
Mia provò un senso di sollievo. Mark capiva quello che Cameron aveva fatto, il modo in cui l’aveva minacciata e insultata. Era arrabbiato per il pessimo trattamento che la sua fidanzata aveva subito.
“Ho dovuto issarmi a difesa dell’umanità,” gli disse, portando la storia a una drammatica conclusione. Poi lo guardò, orgogliosa e ancora emozionata per aver difeso i propri principi.
Mark la fissò per un momento, come se stesse tentando di formulare la risposta giusta. Il cameriere portò loro da bere, e lui mandò giù la sua birra in due sorsate. Poi parlò.
“Hai rifiutato un lavoro da sei cifre?” La sua voce sembrava tesa.
“Ho dovuto farlo,” disse Mia, non capendo completamente perché si stesse concentrando su quell’aspetto della storia.
“Perché mai fare una cosa del genere?” le chiese con rabbia. Alcuni altri clienti del ristorante si voltarono verso il loro tavolo. Mia era stupita dall’intensità della sua reazione.
“Hai sentito quello che ho appena detto? Quell’uomo era insopportabile.”
“È un multimiliardario. Pensi che sia facile?” ribatté Mark, diventando man mano più agitato.
Mia rimase a bocca aperta.
“Aveva intenzione di cambiare destinazione d’uso di un importante farmaco contro il diabete,” gli spiegò.
“È la sua azienda, Mia. Può farci quello che vuole.” Nella voce di Mark c’era una nota acuta che Mia non aveva mai sentito prima d’ora. Mark chiamò il cameriere e ordinò un’altra birra. “Ho bisogno di bere qualcos’altro dopo questo disastro.”
“Disastro? Mi stai dicendo che avrei dovuto accettare i soldi?”
“È proprio quello che sto dicendo, Mia. Sai quanto sia costosa New York. Se entrambi avessimo un reddito da sei cifre, magari potremmo permetterci più di uno sgabuzzino. Hai davvero mandato tutto a puttane.”
Mia si sentì avvampare in viso. Sembrava che tutti nel ristorante li stessero fissando.
“Posso trovare un altro lavoro, Mark.”
“Tu? Sei un tecnico di laboratorio. Pensi che chiunque ti proporrebbe un contratto da duecentomila dollari? Questa era la tua possibilità, la nostra possibilità. Il Prossimo Passo è una cosa costosa, Mia.” Calò il silenzio.
Mia stava fissando il suo fidanzato, stupefatta. Mark non le aveva mai parlato così. Si sentiva mortificata, ferita e confusa. Le relazioni erano una situazione in cui ci si aiutava quando le cose diventavano difficili, o no? La signora al tavolo accanto la guardava con compassione.
“Cosa vorresti dire? Ti ho raccontato quello che è successo. Sono stata il fulcro nella creazione di quel medicinale. Non sono solo un tecnico di laboratorio. Sono un fantastico tecnico di laboratorio.”
“È solo che a me sembra che il lavoro qui lo faccio tutto io,” disse Mark scrollando le spalle.
Mia sentì le lacrime salirle agli occhi. Ricacciò indietro i suoi sentimenti prima che lui potesse vedere quanto l’aveva ferita. Come avevano fatto le cose a precipitare così rapidamente? Forse era meglio se ora tagliava la testa al toro e gli diceva come si sentiva.