E questo suo amore pei montanari lo porta ad interessarsi in modo speciale delle guide, i compagni, gli amici degli alpinisti. Egli vorrebbe vederle organizzate ed istruite, ed è perciò che nel 1870, durante una gita da lui fatta a Valtournanche collAbate Gorret, le raduna, cerca convincerle e se pure non può dirsi che quel giorno sia riuscito nel suo intento, riuscì certo a far comprendere quanto fossero giuste le sue parole, che in epoca non lontana portarono poi benefici frutti.
Pubblicò a tal fine un opuscolo, che fece distribuire in buon numero di copie ai valligiani di Aosta, col titolo: Observations aux guides des vallées Italiennes, pieno di buone norme, di utilissimi consigli. In modo piano e semplice, come era uso parlare, in esso spiega come devono condursi coi viaggiatori, quali sono i modi da usarsi durante le gite e nelle stazioni alpine, e fa loro comprendere quanto sia grande la responsabilità della guida, ai cui ordini devono rimanere intiere comitive, e come sia necessaria molta abnegazione, perseveranza, pazienza, sangue freddo e coraggio a tutta prova, cuore e mente capace di sostenere tanto peso. E siccome non è facile trovare tali doti tutte riunite nel medesimo individuo, Egli vorrebbe saggiamente che le guide fossero divise in due categorie, quelle di primordine, per le grandi ascensioni e quelle per le passeggiate ed escursioni minori.
Per ingentilire alquanto questi uomini, vagheggiava una scuola da istituirsi nei principali centri, che valesse ad infondere loro un po di coltura e più di tutto quel sentimento del dovere, del sacrifizio, che dovrebbe assolutamente essere condizione «sine qua non» per ogni guida.
Rigorosamente classificate, senza riguardi o di regione o di meschine raccomandazioni, allo stesso modo che gli alpinisti si radunano a congresso, avrebbe voluto che il Club mentre non è ancora in grado di creare scuole speciali, avesse radunate le guide migliori a fraterno banchetto, almeno una volta allanno, in questo od in quel centro alpino, onde si conoscessero, avessero modo di scambiarsi le loro idee, ed in tale occasione con un discorso od una conferenza, si fosse svolto qualche argomento di non dubbia utilità attinente al loro mestiere. Riteneva questo un modo buono e pratico per incoraggiare questi bravi uomini che tanto hanno contribuito a farci conoscere le nostre montagne, ed unoccasione, aumentandone le cognizioni, di porli in grado di rendere maggiori servizi alla causa dellalpinismo.
E questiniziativa, era solito dire, dovrebbero prenderla le principali Sezioni del Club, nei cui distretti od in quelli limitrofi si trovano buone guide, poichè questa specie di premio servirebbe di esempio a tutte e sarebbe mezzo efficace per svegliare e cementare nei montanari italiani sani sentimenti di simpatia.
Fra le numerose opere chEgli avrebbe voluto presto attuate, teneva pure un primo posto quella del rimboschimento, perchè era convinto che le foreste sono quelle che in giorno non lontano dovrebbero aiutare la nostra rigenerazione finanziaria. Scrisse su tale argomento numerosi articoli, ma le nostre pubblicazioni non essendo a sufficienza estese, ne pubblicò gran numero anche sui periodici delle alte valli. Nel 1869 istituiva un premio di Lire 500 per quel comune che primo avesse rimboschito buon tratto di terreno ed altri ne diede privatamente ed ai Comizi agrari, destinati a premiare quei contadini che presso alle loro alpi avessero piantato, in un dato periodo danni, maggior numero dalberi.
Poi, convinto che se i premi erano daiuto non potevano considerarsi incentivo sufficiente quando manca lamore a sì benefica impresa, aveva ideato di fondare, come già fecero altre nazioni, una «Società degli amici degli alberi» che avesse còmpito speciale dinstillare lamore delle piante nei fanciulli, avrebbe voluto ripetere quanto in America diede sì splendidi risultati, portando quelle popolazioni a stabilire addirittura un giorno festivo dedicato alle piante (The arbor day).
Durante le sue gite ciò che lo accorava era di vedere quelle sterili distese di terreno ove il pascolo era libero, ove ognuno estirpava le poche piante ancor esistenti, e non cessava dal dire che il Governo avrebbe dovuto intervenire con energiche disposizioni, onde impedire tanto danno e che tutto fosse distrutto mentre ancora poteva porsi riparo.
NellAppennino Toscano la sua propaganda ebbe felici risultati ed egli lo constatò con piacere nel suo discorso alla festa alpestre nella Garfagnana in occasione dellinaugurazione dun saggio di rimboschimento. Informò allora glintervenuti come i giornali esteri avessero lodato quanto da noi si andava facendo, ricordando specialmente un articolo del barone Von Raesfeldt, direttore forestale della Baviera, pubblicato sulle «Mittheilungen» del Club Tedesco-Austriaco (aprile 1882) nel quale, si faceva «lusinghiera menzione dei nomi di patriotti italiani che hanno eseguite piantagioni estese e non venne dimenticato il comune di Castiglione di Garfagnana per liniziativa presa del saggio di rimboschimento agli Spondoni (terreno comunale), esprimendo la viva speranza che altri comuni dItalia siti in montagna, non avessero a tardare nel seguire lottimo esempio». Aggiungeva che coloro i quali hanno percorso le Alpi e lAppennino sanno quanto vi è ancora da fare in materia di rimboschimento, di piscicoltura, di piccole industrie, di tutto ciò che è atto ad attirare i viaggiatori ed augurava con calorose parole che questi esempi, dati da benemeriti comuni e dalle Sezioni del C. A. I., creassero in Italia unopinione pubblica favorevole al rimboschimento, perchè in allora invece di scritti, di conferenze e di altri mezzi di propaganda, si vedrebbero eseguire piantagioni in tutti i punti della penisola, e le nude e sterili montagne, ora soggiorno di popolazioni miserabili, diventerebbero paesi ben coltivati, prosperi, difesi dalle inondazioni e dalle frane.
A lui non isfuggivano mai le occasioni per sospingerci in questopera, ed allo stesso modo che le terribili inondazioni del 1868 e degli anni successivi gli diedero motivo di dimostrarci nei suoi scritti come tanta sciagura sarebbe stata risparmiata o almeno di gran lunga ridotta se folte foreste avessero coperte quelle immense distese di terreno, brulle affatto, il dono fatto alla Sezione di Torino, da un suo socio, di alcune fotografie della «Yosemite Valley», gli offrì campo per descriverci quella vasta regione, lunga 15 miglia inglesi, che nel 1864 gli Stati Uniti dAmerica donavano alla California perchè ne facesse un parco nazionale che oggidì è coperto da enormi alberi, ammirazione dei visitatori di quelle contrade.
E non soltanto alle piante dalto fusto Egli rivolgeva le sue cure, ma anche alla sfavillante flora montana, agli edelweiss, a quella miriade di variopinte pianticelle che minacciano sparire dalle nostre Alpi. Anche per esse Egli prese la penna in mano e convinto che linfondere nelle persone più rozze, che soventi si lasciano trascinare dalla brutale manìa della distruzione, un sentimento di rispetto verso le opere della natura è un mezzo indiretto deducazione del popolo, scrisse sulla protezione delle piante. Cinformò come in Inghilterra tale propaganda abbia fatta molta strada e siccome buon numero di queste fragili e graziose piante alpine sono ormai sparite da diverse località delle Alpi Italiane, lasciando nude le roccie, fece voti che molti animi bennati alzino la voce in favore dei poveri fiorellini che danno ancora un sentimento di poesia ai luoghi perduti fra il ghiaccio e la neve e che la stampa italiana appoggi con simpatia gli sforzi fatti dal C. A. I. per salvare dalla totale distruzione questo ornamento naturale delle patrie montagne.
E siccome altrove sono sorti giardini dacclimatazione per la flora alpina, ci sospingeva ad aiutare quei volonterosi che anche da noi si sono posti per quella via e ad un pranzo che in suo onore diede la Sezione di Torino al Monte dei Cappuccini, ricordando quanto lamico suo abate Chanoux faceva per limpianto duno di questi giardini al Piccolo S. Bernardo cinvitava a concorrere collobolo nostro in aiuto di quelluomo benemerito.