Морган Райс - Destino Di Draghi стр 7.

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Lei rise, una risata canzonatoria.

“E poi?” ribatté lei seccamente. “Lasciare che i tuoi sudditi facciano congetture sulle tue attitudini sessuali? No, nutro molti dubbi al proposito. Neanche nel calcolatissimo mondo di Gareth. Non nella mente di un uomo a cui interessa più di ogni altra cosa come gli altri lo considerino.”

Gareth si fermò davanti a lei, rendendosi conto che aveva la capacità di analizzarlo in un modo tale da turbarlo da morire. Colse la minaccia e capì che litigare con lei non avrebbe portato a nulla di buono. Quindi rimase lì in silenzio e in attesa, i pugni serrati.

“Cos’è che vuoi?” disse lentamente, cercando di controllarsi e non reagire con troppa foga. “Non verresti qui da me se non volessi qualcosa.”

Lei rise, secca e canzonatoria.

“Qualsiasi cosa io voglia me la prendo. Non sono venuta qui a chiederti niente. Piuttosto a dirti qualcosa: tutto il regno ha appena presenziato al tuo fallimento nel sollevare la spada. Dove andremo a finire?”

“Cosa intendi con andremo?” le chiese, domandandosi dove volesse andare a parare.

“Ora la tua gente sa ciò che io ho sempre saputo: che sei un fallimento. Che non sei il Prescelto. Congratulazioni. Almeno adesso è ufficiale.”

Gareth fece una smorfia.

“Neanche mio padre è riuscito a sollevare la spade se è per questo. Ma questo non gli ha impedito di regnare con effetto da Re.”

“Ma ha avuto ripercussioni sul suo governo,” ribatté lei. “In ogni singolo momento.”

“Se sei così scontenta delle mie inefficienze,” diss Gareth ribollendo, “perché non te ne vai e basta? Lasciami stare! Lascia questa farsa di matrimonio. Ora sono Re. Non ho più bisogno di te.”

“Mi fa piacere che tu abbia sollevato la questione,” disse, “perché è proprio il motivo per cui sono qui. Voglio che tu ponga fine al nostro matrimonio, ufficialmente. Voglio il divorzio. C’è un uomo che amo. Un uomo vero. Uno dei tuoi cavalieri in effetti. Un guerriero. Siamo innamorati, è amore vero. Un amore come non ho mai provato prima. Concedimi il divorzio, così che possa smetterla di portare avanti questa relazione in segreto. Voglio che il nostro amore sia pubblico. E voglio sposarmi con lui.”

Gareth la fissò scioccato, sentendosi svuotato, come se un pugnale gli fosse appena stato conficcato nel petto. Perché Helena doveva venire allo scoperto? Perché proprio ora? Era troppo per lui. Si sentì come se il mondo lo stesse prendendo a calci mentre giaceva a terra.

Nonostante tutto Gareth si stupì nel rendersi conto che provava dei sentimenti per Helena, perché quando udì le sue parole, al sua richiesta di divorzio, ne fu in qualche modo colpito. Si sentì offeso. Nonostante tutto si rese conto di non volere il divorzio da lei. Se la decisione fosse venuta da lui sarebbe stato diverso, ma veniva da lei, ed era tutta un’altra storia. Non voleva permetterle di fare a modo suo, non certo così facilmente.

Più di tutto si chiese come il divorzio avrebbe potuto influire sul suo regno. Un Re divorziato avrebbe suscitato troppe domande. E nonostante tutto provava gelosia per quel cavaliere. Ed era risentito per come lei gli aveva rinfacciato la sua mancanza di virilità. Voleva vendetta. Su entrambi.

“Non puoi averlo,” ribatté seccato. “Sei legata a me. Incastrata ad essere mia moglie per sempre. Non ti lascerò mai libera. E se mai incontrerò questo cavaliere di cui mi parli e con il quale mi schernisci, lo farò torturare e uccidere.”

Helena ribatté con rabbia.

“Io non sono tua moglie! E tu non sei mio marito. Non sei un uomo. La nostra è un’unione empia. Ed è tale dal momento in cui è stata sancita. È stato un accordo pianificato per motivi di potere. L’intera cosa mi disgusta, come sempre. E ha rovinato la mia unica possibilità di essere veramente sposata.” Prese fiato mentre la sua furia cresceva.

“Mi darai il mio divorzio, oppure rivelerò al regno intero che razza di uomo sei. A te la decisione.”

Detto questo Helena gli voltò le spalle e attraversò la stanza uscendo dalla porta aperta senza neanche preoccuparsi di richiudersela alle spalle.

Gareth rimase solo nella stanza, ad ascoltare l’eco dei suoi passi e sentendo un brivido che gli scorreva nel corpo senza riuscire a liberarsene. C’era più qualcosa di stabile al quale potesse aggrapparsi?

Mentre era lì tremante e guardava la porta aperta, si sorprese di vedere qualcun altro entrare nella stanza. Aveva appena avuto il tempo di assimilare la conversazione intercorsa con Helena, di passare in rassegna tutte le minacce da lei esplicitate, quando vide entrare un volto familiare. Firth. La solita baldanza che caratterizzava il suo passo non era ora presente, mentre avanzava esitante, uno sguardo colpevole stampato in volto.

“Gareth?” chiese con tono insicuro.

Firth lo guardava con gli occhi sgranati e Gareth poté vedere quanto male stesse. Doveva sentirsi male, pensò Gareth. Dopotutto era stato proprio Firth a convincerlo a tentare il sollevamente della spada, era stato lui a convincerlo definitivamente, facendogli credere di essere più di ciò che realmente era. Senza l’incitamento di Firth, chissà… Forse Gareth non avrebbe mai tentato.

Gareth si voltò verso di lui, fremente di rabbia. In Firth aveva finalmente trovato il bersaglio contro il quale veicolare tutta la sua rabbia. Dopotutto era stato Firth a uccidere suo padre. Era stato Firth, questo stupido ragazzo di scuderia, che aveva dato inizio a tutta quella situazione intricata. Ora Gareth era solo  un altro successore fallito della dinastia MacGil.

“Ti odio,” disse Gareth furente. “Cosa mi dici ora di tutte le tue promesse? Di tutta la tua sicurezza che avrei sollevato la spada?”

Firth deglutì, l’aspetto molto nervoso. Era senza parole. Non aveva chiaramente niente da dire.

“Mi spiace, mio signore,” disse. “Ho sbagliato.”

“Hai sbagliato su un sacco di cose,” ribatté secco Gareth.

Effettivamente, più Gareth ci pensava e più si rendeva conto di quanto Firth si fosse sbagliato. Effettivamente, se non fosse stato per Firth suo padre sarebbe stato ancora vivo, e Gareth non si sarebbe trovato in una situazione simile. Il peso del governo non avrebbe pesato ora sulla sua testa e non ci sarebbero state tutte quelle cose che andavano storte. Gareth rimpiangeva giorni più facili, quando non era Re, quando suo padre era vivo. Sentì un improvviso desiderio di riportare tutti indietro, di riportare le cose a come erano prima. Ma non era possibile. E non poteva che dare la colpa a Firth per tutto ciò.

“Cosa ci fai qui?” gli chiese con rabbia.

Firth si schiarì la voce, evidentemente nervoso.

“Ho sentito… delle voci… pettegolezzi di servitori. Mi è giunta voce che tuo fratello e tua sorella stanno facendo domande. Sono stati avvistati nella zona dei servi. Ispezionavano lo scolo dei liquami alla ricerca dell’arma del delitto. Il pugnale che ho usato per uccidere tuo padre.”

Gareth gelò a quelle parole. Paralizzato dallo shock e dalla paura. Poteva andare quella giornata peggio di così?

Si schiarì la voce.

“E cos’hanno trovato?” chiese, la gola secca, le parole che facevano fatica a uscire.

Firth scosse la testa.

“Non lo so, mio signore. Tutto quello che so è che sospettano qualcosa.”

Gareth provò un rinnovato odio per Firth, un odio del quale non si credeva capace. Se non fosse stato per i suoi modi imbranati, se si fosse sbarazzato per bene dell’arma, ora non si sarebbe trovato in una tale posizione. Firth lo aveva reso vulnerabile.

“Te lo dico solo una volta,” disse Gareth avvicinandoglisi, portandosi a pochi centimetri da lui e guardandolo in volto, mostrando l’espressione più accigliata e severa che gli era possibile. “Non voglio rivedere la tua faccia mai più. Mi hai capito? Levati di mezzo e non tornare mai più. Ti esilierò lontano da qui. E se mai rimetterai piede in questo castello, sii certo che ti faro arrestare. E ORA VATTENE!” gridò Gareth.

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