Percepì all’istante che si trattava di Ragon. E non vide vicino alcun segno di Guwayne.
Thor, pieno di timore, corse in avanti e quando lo raggiunse collassò in ginocchio al suo fianco guardando ovunque alla ricerca di Guwayne. Sperava di trovarlo magari nascosto tra gli abiti di Ragon o da qualche parte accanto a lui o lì vicino, forse nella spaccatura di una roccia.
Ma il cuore gli crollò dentro vedendo che non era da nessuna parte.
Thor allungò le mani e lentamente fece ruotare Ragon, gli abiti anneriti dal fuoco, pregando che non fosse rimasto ucciso. Lo girò sottosopra e provò un barlume di speranza vedendo che muoveva gli occhi. Gli afferrò le spalle, ancora calde al tatto, egli tirò indietro il cappuccio inorridito vedendogli il volto ustionato e sfigurato dalle fiamme.
Ragon iniziò ad ansimare e tossire e Thor vide che stava lottando per rimanere in vita. Si sentiva devastato vedendolo così, quell’uomo meraviglioso che era stato così gentile con tutti loro, ora ridotto in quello stato per difendere quell’isola, per difendere Guwayne. Thor non poteva fare a meno di sentirsi responsabile.
“Ragon,” disse con voce strozzata in gola. “Perdonami.”
“Sono io che ti chiedo perdono,” disse Ragon con voce roca, a malapena capace di pronunciare le parole. Tossì a lungo, poi continuò: “Guwayne…” inizio, ma subito si interruppe.
Il cuore di Thor gli sbatteva con violenza nel petto, non voleva sentire le sue parole e temeva il peggio. Come avrebbe mai potuto rivedere Guwayne?
“Raccontami,” gli chiese Thor stringendogli le spalle. “Il bambino è vivo?”
Ragon ansimò a lungo, cercando di prendere fiato e Thor fece cenno a O’Connor che gli porse subito un fiasco d’acqua. Thor versò l’acqua sulle labbra di Ragon che bevve tossendo mentre deglutiva.
Alla fine Ragon scosse la testa.
“Peggio,” disse con voce poco più forte di un sussurro. “La morte sarebbe stata una grazia per lui.”
Ragon fece silenzio e Thor lo scosse con veemenza, desideroso di sentirlo parlare.
“Lo hanno portato via,” continuò infine Ragon. “Me lo hanno strappato dalle braccia. Tutti qui, solo per lui.”
Il cuore di Thor sprofondò al pensiero del suo prezioso bambino portato via da quelle malvagie creature.
“Ma chi?” chiese. “Chi c’è dietro a tutto questo? Chi è più potente di te da poter fare questo? Pensavo che il tuo potere, come quello di Argon, fosse impenetrabile per ogni creatura di questo mondo.”
Ragon annuì.
“Per tutte le creature di questo mondo, sì,” disse. “Ma queste non erano creature di questo mondo. Erano creature dell’inferno, venivano da un posto ancora più oscuro: la Terra del Sangue.”
“La Terra del Sangue?” chiese Thor stupito. “Sono andato all’inferno e sono tornato indietro,” aggiunse. “Quale posto più essere più oscuro?”
Ragon scosse la testa.
“La Terra del Sangue è più di un luogo. È uno stato esistenziale. Un male più oscuro e più potente di quanto tu possa immaginare. È il regno del Signore del Sangue ed è diventato più oscuro e più potente di generazione in generazione. È in corso una guerra tra regni. Un antico conflitto tra male e luce. Entrambi vogliono il controllo. E temo che Guwayne sia la chiave: chiunque lo abbia con sé può vincere, può avere il dominio sul mondo. Per sempre. È ciò che Argon non ti ha mai detto. Ciò che non poteva ancora dirti. Non eri pronto. Era ciò per cui ti stavo allenando: la guerra più grande che mai potessi immaginare.”
Thor rimase a bocca aperta cercando di capire.
“Non capisco,” disse. “Non hanno preso Guwayne per ucciderlo?”
Ragon scosse la testa.
“Ben peggio. Lo hanno preso per tenerselo, per crescerlo come un bimbo demone, ciò di cui hanno bisogno per far avverare la profezia e distruggere tutto il bene nell’universo.”
A Thor girava la testa e batteva forte il cuore mentre cercava di comprendere tutto.
“Allora devo riportarlo indietro,” disse con la fredda sensazione di risoluzione che gli scorreva nelle vene, soprattutto sentendo Licople che volava sopra la sua testa ruggendo e bramando come lui vendetta.
Ragon allungò una mano e strinse il polso di Thor con una forza sorprendente per un uomo sul punto di morire. Guardò Thor negli occhi con un’intensità che lo spaventò.
“Non puoi,” gli disse con fermezza. “La Terra del Sangue è troppo potente per ogni essere umano. Il prezzo da pagare per accedervi è troppo alto. Anche con tutti i tuoi poteri, ascolta la mia parola: moriresti di certo se ci andassi. Tutti voi morireste. Non sei ancora abbastanza forte. Non recupereresti tuo figlio e tutto verrebbe distrutto.”
Ma il cuore di Thor si stava facendo duro nella decisione.
“Ho affrontato il buio più grande, il potere più forte al mondo,” disse. “Incluso quello del mio stesso padre. Non mi sono mai tirato indietro per paura. Affronterò questo signore oscuro, qualsiasi siano i suoi poteri. Entrerò nella Terra del Sangue a ogni costo. Si tratta di mio figlio. Lo salverò, oppure morirò facendolo.”
Ragon scosse la testa tossendo.
“Non sei pronto,” gli disse con voce calante. “Non sei pronto… hai bisogno… del potere… Hai bisogno… del…dell’anello,” gli disse. Poi si mise a tossire spuntando sangue.
Thor lo fissò con il disperato desiderio di sapere cosa intendesse dire prima che morisse.
“Quale anello?” gli chiese. “La nostra terra?”
Seguì un lungo silenzio, il rantolo di Ragon l’unico rumore nell’aria, fino a che aprì gli occhi appena un poco.
“Il… sacro anello.”
Thor afferrò Ragon per le spalle, voleva che gli rispondesse. Ma improvvisamente sentì che il suo corpo si irrigidiva tra le sue mani. Gli occhi rimasero immobili, si udì un orribile sussulto di morte e un attimo dopo smise di respirare e rimase fermo del tutto.
Morto.
Thor provò un’ondata di agonia pervaderlo.
“NO!” gridò gettando la testa indietro e guardando il cielo. Fu scosso dai singhiozzi mentre abbracciava Ragon, quell’uomo generoso che aveva dato la sua vita per sorvegliare suo figlio. Si sentiva sopraffatto dal dolore e dal senso di colpa. Lentamente e con fermezza sentì crescere in sé la risoluzione.
Guardò il cielo e capì cosa doveva fare.
“LICOPLE!” gridò, lo strillo angoscioso di un padre disperato, infuriato, con niente rimasto da perdere.
Licople udì il suo grido, quindi ruggì dall’alto dei cieli con una furia pari a quella di Thor e scese volando in cerchio, sempre più in basso, fino ad atterrare a pochi passi da lui.
Senza esitare Thor corse da lei, le balzò sulla schiena e si tenne stretto al collo. Si sentiva energizzato ritrovandosi finalmente di nuovo in groppa a un drago.
“Aspetta!” gridò O’Connor correndo verso di lui insieme agli altri. “Dove stai andando?”
Thor li guardò con la morte negli occhi.
“Alla Terra del Sangue,” rispose sentendosi più certo che mai. “Salverò mio figlio. A qualunque costo.”
“Ti distruggeranno,” disse Reece facendosi avanti preoccupato e parlando con voce greve.
“Allora morirò con onore,” rispose Thor.
Guardò poi in alto, verso l’orizzonte, e vide la scia lasciata dai gargoyle che scompariva nel cielo. Capì dove doveva andare.
“Allora non andrai da solo,” gridò Reece. “Ti seguiremo con la nave e ci troveremo laggiù.”
Thorgrin annuì e strinse Licople. Improvvisamente provò la familiare sensazione di loro due sollevati in aria.
“No, Thorgrin!” gridò una voce angosciata dietro di lui.
Sapeva che si trattava della voce di Angel e provò una fitta di senso di colpa volando via da lei.
Ma non poteva guardarsi alle spalle. Suo figlio si trovava davanti a lui e lui l’avrebbe trovato. E li avrebbe uccisi tutti.
CAPITOLO NOVE
Gwendolyn attraversò l’alta porta ad arco che conduceva alla sala del trono del re, tenuta aperta da diversi servitori. Krohn era al suo fianco e lei era impressionata dalla vista davanti a sé. Lì, dalla parte opposta della stanza vuota, il re sedeva sul suo trono, solo in quel posto immenso. Le porte riecheggiarono chiudendosi alle sue spalle. Si avvicinò percorrendo il pavimento di pietra e oltrepassando scie di luce che filtravano dalle file di vetrate colorate che illuminavano la sala con scene di antichi cavalieri in battaglia. Quel posto era tanto intimidente quanto sereno, ispirante ma allo stesso tempo infestato dai fantasmi di re del passato. Gwen ne percepiva la presenza nell’aria e questo le ricordò in molti modi la Corte del Re. Provò un’improvvisa fitta di tristezza al petto provando in quella stanza la mancanza di suo padre.