I cinque del salotto - Грейс Фиона страница 11.

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Gina si accarezzò il mento. “Uhm. Quindi Carol alla fine aveva in parte ragione.”

“In un certo senso.”

“Ma mettendo da parte tutta questa roba politica,” aggiunse Gina, ruotando sul suo sgabello in modo da essere perfettamente di fronte a Lacey, “cosa vorrebbe dire per te esservi coinvolta?”

Lacey esitò. Una piccola scintilla di trepidazione le si accese nello stomaco. Se metteva da parte tutti i dubbi insinuanti che le ruotavano per la testa, questa era davvero un’opportunità straordinaria.

“Significa che avrò la responsabilità di arredare una proprietà di quattrocento metri quadri con pezzi di antiquariato. Per un’amante delle antichità, è fondamentalmente il paradiso.”

“E i soldi?” le chiese Gina.

“Oh, mi porterà un sacco di dollari. Si parla di migliaia di sterline di inventario. Un’intera sala da pranzo. Un foyer. Un bar. Sei camere da letto e una suite matrimoniale. È un incarico enorme. Aggiungici la potenzialità di altro lavoro in futuro mettendo così allo scoperto il mio nome, e il fatto che avere un B&B per occasioni speciali come lo spettacolo aereo porterà un effetto di lancio in avanti per il resto della città…”

Gina stava iniziando a sorridere. “Mi sembra di capire che hai accettato.”

Lacey annuì in modo evasivo. “Forse sì. Ma non sarebbe una follia? Cioè, vuole tutto pronto per lo spettacolo aereo. Che è sabato!”

“E da quando in qua ti fa paura lavorare sodo?” le chiese Gina con freddezza. Fece un gesto con le braccia a indicare l’intero negozio. “Guarda tutto quello che hai già ottenuto lavorando duramente.”

Lacey era troppo modesta per poter accettare il complimento, ma capiva il sentimento che ci stava dietro. Era diventata un’amante del rischio. Se non avesse lasciato il suo lavoro a New York, prendendo poi il primo volo per l’Inghilterra, non avrebbe mai costruito questa meravigliosa vita per se stessa. Sarebbe stata una triste divorziata che ancora portava il caffè a Saskia come una stagista, piuttosto che essere considerata un’assistente con quattordici anni di esperienza. Accettare questo lavoro con Suzy era il genere di cosa per cui Saskia avrebbe lottato con denti e unghie. Bastava questo come ragione per farlo.

“Penso che tu sappia cosa fare,” le disse Gina. Prese il telefono e lo posò davanti a Lacey. “Fai un colpo di telefono a Suzy e dille che sei a bordo.”

Lacey fissò il telefono, mordendosi il labbro inferiore. “E tutti i costi?” le disse. “Un inventario del genere in un tempo così breve sarà un’uscita enorme tutta in un colpo. Molto più di quanto spenderei di solito per una fornitura.”

“Verrai pagata, pero,” la incoraggiò Gina.

“Solo dopo che il B&B avrà iniziato ad avere un profitto.”

“Che è un dato di fatto, no? Quindi a suo tempo avrai anche tu il tuo guadagno.” Gina spinse il telefono verso di lei. “Penso che tu stia cercando delle scuse.”

Aveva ragione, ma questo non impedì a Lacey di trovarne un’altra.

“E tu?” le disse. “Dovrai occuparti del negozio per una settimana intera? Io non avrò tempo di fare nient’altro.”

“Posso gestire il negozio perfettamente da sola,” le assicurò la donna.

“E Chester? Dovrà stare con te mentre io lavoro. A Suzy non piacciono i cani.”

Lacey guardò Gina, il telefono, poi di nuovo Gina. Infine, con un rapido movimento, alzò la cornetta e digitò il numero di Suzy.

“Suzy?” disse nel momento in cui la ragazza rispose. “Ho deciso. Ci sto.”

CAPITOLO QUATTRO

“Oh, Percy, sono meravigliose!” disse Lacey al telefono, guardando la scatola aperta davanti ai propri occhi e contenente delle posate d’argento che aveva appena ricevuto dal suo commerciante d’antiquariato preferito a Mayfair. Si trovava nel disordinato ufficio sul retro del negozio, circondata da raccoglitori colmi di elenchi, bozzetti, tavole di stile, disegni di dettagli e una pila di tazze sporche di caffè.

“Sono tutte raccolte in set completi,” spiegò Percy. “Da insalata, da zuppa, da pesce, da cena, da dessert e da ostriche.”

Lacey era raggiante. “Non so neanche se Suzy avesse in programma di servire delle ostriche, ma se i Vittoriani avevano forchettine da ostriche sulle loro tavole, allora sarà meglio che anche noi abbiamo le nostre.”

Sentì Percy ridere affettuosamente attraverso il ricevitore. “È una cosa davvero entusiasmante,” disse. “Devo dire che non mi capita spesso di ricevere un ordine per tutto ciò che possiedi di Vittoriano.

“Sì, beh,” disse Lacey, “sono sicura che non ti capiti spesso che uno dei tuoi clienti abbia il compito di trasformare una casa di riposo in una B&B a tema vittoriano nel giro di una settimana!”

“Dimmi un po’, hai tempo per dormire?”

“Quattro buone ore a notte,” rispose allegramente Lacey.

Nonostante stesse lavorando davvero sodo, fino ad ora aveva trovato l’intero progetto fortemente entusiasmante. Addirittura inebriante. Era come un enigma che solo lei poteva risolvere, con un orologio nell’angolo a scandire il tempo.

“Non sfinirti,” le disse Percy, assumendo come sempre il suo tono gentile e premuroso.

Lacey terminò la chiamata, afferrò un pennarello e mise un segno di spunta accanto alla voce ‘utensili’. Ora era a metà della lista, dopo essere riuscita a ottenere un centinaio di favori e aver guidato su e giù tra Bristol e Bath per andare a prendere alcuni pezzi particolarmente eccezionali, e addirittura a Cardiff per recuperare una meravigliosa fontanella di pietra che avrebbe fatto un figurone nell’atrio.

Il foyer si era rivelato l’ambiente più difficile da arredare nel complesso. La sua architettura era fondamentalmente quella di un giardino d’inverno, o veranda. Lacey aveva preso ispirazione dalle strutture vittoriane come l’Alexandra Palace a Londra e la serra dei Kew Gardens. Ora c’erano al lavoro i restauratori che stavano togliendo la pavimentazione in linoleum, eliminando le tendine da sala d’aspetto di studio dentistico e ricoprendo la cornice in plastica bianca con strati di metallo flessibile, colorato di nero per assomigliare a ferro.

Fino ad ora il lavoro era stato divertente, anche con il poco sonno e le ore in auto. Ma l’incidenza che aveva avuto sul suo conto bancario era un po’ allarmante. Lacey aveva raccolto mobilia per un valore di migliaia e migliaia di sterline, tutti pezzi perfetti per il tema padiglione di caccia di Suzy. E anche se sapeva che Suzy avrebbe saldato il conto non appena avesse messo insieme i soldi necessari, si sentiva comunque molto a disagio nel vedere quel grosso buco nel suo conto. Soprattutto considerando il patto che aveva stretto con Ivan riguardo al mutuo per il Crag Cottage. Odiava l’idea di non essere puntuale sul pagamento mensile che doveva a un uomo così dolce come quello che le aveva venduto la sua casa da sogno, ma se il conto con Suzy non fosse stato saldato entro la fine di giugno, sarebbe stata costretta a farlo.

Solo il fucile valeva 5.000 sterline! A Lacey era quasi andato di traverso il cappuccino che stava bevendo quando aveva cercato il valore dell’arma per poterla aggiungere al conto di Suzy, e aveva subito inviato un messaggio a Xavier per dirgli che gli avrebbe fatto un bonifico. Ma lui le aveva risposto con un ‘È un regalo’, il che l’aveva fatta sentire in colpa per averlo immediatamente venduto. Ma non così in colpa. Perché chi mai inviava regali del genere a una donna, senza avere certi pensieri in testa? Lacey stava iniziando a credere che Gina avesse ragione riguardo alle intenzioni di Xavier, e aveva deciso quindi di ridurre al minimo i contatti con lui. E poi aveva una pista tutta nuova da seguire nella ricerca di suo padre, adesso, con il vecchio circolo di caccia della Villa Penrose, quindi Xavier non le era più così essenziale come prima.

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