Avevo sempre amato quel momento. Io, infatti, ero un uomo della notte. Adoravo le luci al neon che brillavano nel cielo scuro, il tintinnio delle slot machine, il suono delle risate e dei bicchieri che si toccavano, mentre i turisti e i giocatori professionisti si radunavano attorno ai tavoli da poker, blackjack e baccarat.
Ero stato cresciuto nel mezzo del trambusto di Las Vegas. Mio padre, un famoso giocatore professionista, passava tutte le sue giornate ai tavoli da gioco. Eravamo solo noi due, dato che mia madre, una famosa showgirl dell’epoca, era fuggita in Texas con il ricco proprietario di un ranch, senza mai guardarsi indietro. Avevo solo cinque anni a quel tempo, perciò mio padre mi portava con lui ovunque. E ciò includeva i più grandi casinò della città.
Imparai a contare le carte prima ancora di imparare a scrivere il mio nome per intero. A dieci anni ero già una leggenda tra i più grandi scommettitori e giocavo meglio di mio padre. A diciassette anni, lo persi per sempre. Morì di cirrosi epatica causata dall’alcolismo. All’età di diciotto anni, vinsi il mio primo milione in un torneo della città.
Poco tempo dopo, comprai il Royale, il mio primo casinò, e divenni un imprenditore. Durante quel periodo imparai tutto ciò che c’era da sapere sul mio nuovo business. Seguendo il consiglio di mio padre di tenere sempre la testa sulle spalle e di investire il mio denaro responsabilmente, cominciai ad avere successo e a fare soldi, tanti soldi. Oggi, i casinò del Williams Group, Royale, Mystery e Luxury, il quale era il mio orgoglio e la mia gioia, erano i tre casinò più grandi di Las Vegas e io ne andavo molto fiero.
Naturalmente, avendo sempre vissuto nella città del peccato, avevo due vizi: le scommesse e le donne. Le prime facevano parte della mia personalità. Ero stato cresciuto per essere uno scommettitore e non solo ai tavoli da gioco. Facevo scommesse con me stesso in qualsiasi situazione mi trovassi. Cose del tipo, quanto tempo ci avrei messo a raggiungere un obiettivo che mi ero imposto, quante ripetute di un esercizio il mio fisico sarebbe riuscito a reggere, quanto tempo ci avrei messo per portare una determinata donna a letto e quanto velocemente mi sarei stancato di lei…cosa che mi rimandava al mio secondo vizio.
Insomma, mi piacevano le donne. Tanto. Di tutti i tipi: bionde, brune, alte, basse, snelle, formose. Avevo sempre avuto una donna bellissima al mio fianco, la quale, generalmente, baciava la terra in cui camminavo e faceva di tutto per soddisfarmi, sia a letto che fuori. Chiaramente, loro erano ben ricompensate con del fantastico sesso e dei regali costosi. La lussuria mi scorreva nel sangue e faceva parte di ciò che ero. Il sesso era fondamentale nella mia vita, alla pari del cibo e del riposo notturno. Era un peccato che non riuscissi a trovare una donna che tenesse vivo il mio interesse per periodi più lunghi. Il record di tempo passato con la stessa persona era di tre settimane. Dopo di che, i miei istinti di caccia si erano risvegliati e avevo cominciato a cercare nuove sfide.
Erano queste considerazioni che mi provocavano quel mal di testa. Barbarella. Solo il nome mi faceva scorrere brividi di paura lungo la schiena. Era una showgirl del Luxury che un bel giorno venne nel mio ufficio per mostrarmi che sapeva scuotere il sedere abbastanza bene da poter essere una delle ballerine di spicco. Una cosa tira l’altra e pensai che sculettasse meglio sulla mia scrivania che sul palco.
Che. Errore. Madornale.
In soli dodici giorni, la bellissima bionda di silicone aveva trovato una via per entrare nella mia vita e prima che potessi avere almeno l’occasione di tirare i dadi, si era trasferita nel mio appartamento. Giunse persino al punto di lasciare un pacco di assorbenti nel mobiletto del mio bagno, vi rendete conto? Quando tentai di tirare fuori il discorso, lei fece il broncio e gli occhi le si riempirono di lacrime, così facemmo sesso. Lo so, lo so, divento un tenerone quando si tratta di belle donne.
La mossa finale di Barbarella fu presentarsi dal gioielliere del Luxury e scegliere un anello di fidanzamento, che io avrei dovuto darle in modo da rinunciare alla mia libertà per quella pazza manipolatrice. La nostra relazione terminò e lei, dato che continuava a seguirmi per tutti i casinò e a chiamarmi al telefono, per poi presentarsi in lacrime nella mia stanza all’ultimo piano del Luxury, perse il suo posto di showgirl.
Elijah minacciò di distruggere le mie parti intime se avessi provato a portami a letto un’altra showgirl, dato che lui, poi, avrebbe dovuto ripetere un altro tedioso processo di selezione per l’assunzione di una nuova ragazza. Ma cosa potevo farci se tutte quelle piume e bichini brillanti degli uccellini di Elijah, nomignolo con cui chiamava le sue ballerine, avevano in me un effetto così devastante?
“Tyler?” una voce risuonò alle mie spalle. Mi voltai e vidi Annie Clark, la mia assistente personale, attraversare la stanza. Indossava un vestito rosso, attillato quanto bastava per essere sensuale, ma non troppo, e decolleté dello stesso colore. I suoi capelli ondulati color miele le ricadevano sulle spalle e storse leggermente la bocca quando mi vide, come faceva sempre. Sapevo che Annie moriva dalla voglia di estendere i suoi servizi di assistente al mio letto, ma era sposata con una delle guardie della sicurezza del Royale. Suo marito era alto quasi due metri e il suo corpo era tre volte il mio, perciò, dato che ci tenevo alla mia salute e volevo rimanere vivo, facevo di tutto per tenerla a bada.
Si fermò di fronte alla mia scrivania e sorrise.
“Elijah ha appena chiamato. Dice che la fila fa il giro di tutto il casinò”, disse, spostando il suo peso su una gamba e girando una ciocca di capelli attorno a un dito.
“Che fila?” domandai confuso.
“Le selezioni per le showgirl del Luxury. Insieme a Barbarella sono volati verso un altro casinò altri due uccellini”, spiegò ridendo. “Posso fare le pre-selezioni al posto tuo, se vuoi”.
Che cosa? Era diventata matta? Le pre-selezioni erano la parte più divertente ed erano sempre state fatte da me.
“No, grazie”, dissi. Mi alzai e mi infilai la giacca. “Manterrò viva la tradizione. Senti se l’assistente di Elijah riesce a organizzare le ragazze scelte o se ha bisogno del tuo aiuto”.
Attraversai la stanza e mi diressi alla reception, dove Annie lavorava insieme a Meg, una donna sulla cinquantina, e la sua assistente.
Mentre Annie correva alla postazione per fare la chiamata, io raggiunsi gli ascensori e ne presi uno che mi portò al piano terra, poi mi diressi verso il luogo in cui sarebbero avvenute le selezioni. L’atrio dell’hotel era vuoto a quell’ora, tranne per quei due o tre bizzarri turisti che uscivano in cerca di avventura. La sera quel posto era molto più affollato, quando centinaia di ospiti e spettatori camminavano sul pavimento di marmo italiano per raggiungere il Bluebells Theater.
Superai i tavoli da gioco, facendo cenni col capo in segno di saluto ai pochi impiegati del turno pomeridiano che mi sorridevano. Tirai fuori la mia moneta fortunata dalla tasca della giacca, mentre l’adrenalina della sfida cominciava a scorrermi nelle vene. Mi fermai alla porta e vidi la lunghissima fila di showgirl che si perdeva in fondo all’edificio. Le ragazze erano quasi tutte molto alte, con il fisico a forma di pera e io scommisi, tra me e me, che, a parte aiutare Elijah a scegliere i suoi nuovi uccellini, sarei riuscito a scovare la mia prossima amante. Una che non sarebbe stata scelta per il Luxury, ovviamente, altrimenti Elijah mi avrebbe ucciso.