“Stai facendo un restyling della boutique?” le chiese allegramente, uscendo da dietro il bancone e facendo cenno a Taryn di seguirla.
“Voglio solo dare all’ambiente un po’ di carattere,” disse la donna mentre i suoi tacchi ticchettavano dietro a Lacey. “E da quanto ho capito, quelle lampade sono molto in al momento. Le vedo ovunque. Dalla parrucchiera. Al bar. Nella caffetteria di Brooke ce n’erano un milione…”
Lacey si immobilizzò e il suo cuore iniziò a martellarle nel petto.
Solo sentire il nome della vecchia amica la mandava ancora nel panico. Era passato appena un mese da quando la donna australiana l’aveva rincorsa brandendo un coltello, cercando di farla tacere dopo che era riuscita a uccidere un turista americano. I lividi di Lacey erano guariti, ma le cicatrici mentali erano ancora fresche.
Quindi era per questo motivo che Taryn le stava chiedendo una lampada Edison? Non perché ne voleva una, ma in modo da avere una scusa per tirare fuori il nome di Brooke e innervosire Lacey! Era davvero una persona orribile.
Perdendo tutto l’entusiasmo di dare una mano a Taryn, anche se avrebbe dovuto considerarla una cliente, Lacey indicò di malavoglia quello che chiamava ‘Angolo steampunk’, la sezione del negozio dove si trovava la sua collezione di lampade in bronzo.
“Laggiù,” le disse.
Vide l’espressione di Taryn inasprirsi mentre visionava la gamma di occhiali da pilota e bastoni da passeggio, oltre alla tuta completa da sub. Ad essere sinceri, neanche a Lacey piaceva tantissimo l’estetica di quell’allestimento. Ma c’era un buon numero di persone a Wilfordshire – quelli con i capelli neri e i mantelli di velluto – che facevano regolarmente visita al suo negozio, quindi si procurava quegli articoli nello specifico per loro. L’unico problema era che quella nuova sezione ora schermava la vista, prima libera, verso la pasticceria di Tom dall’altra parte della strada. Detto in soldoni, Lacey non poteva più guardarlo con occhi sognanti ogni volta che gliene veniva voglia.
Con Taryn ora occupata, colse l’opportunità per dare un’occhiata dall’altra parte della strada.
Il negozio di Tom era pieno di gente come sempre. Ora ce n’era anche di più, dato il maggior numero di turisti. Lacey scorse la sua alta figura che sfrecciava a destra e a sinistra, lavorando a ipervelocità per accontentare tutti. La calda luce di giugno faceva apparire ancora più dorata la sua pelle.
In quel momento Lacey scorse la nuova assistente di Tom: Lucia. Aveva assunto la giovane donna solo poche settimane prima in modo da poter avere più tempo libero da passare con Lacey. Ma da quando la ragazza aveva iniziato a lavorare lì, la pasticceria era più piena che mai!
Lacey continuò a guardare, vedendo Lucia e Tom che quasi andavano a sbattere l’uno contro l’altra, poi facevano contemporaneamente un passo a destra, poi a sinistra, tentando di evitare lo scontro, ma continuando a portare avanti una comica sequenza di movimenti a specchio. La scenetta ebbe fine quando Tom fece un inchino teatrale, in modo che Lucia potesse passare alla sua sinistra. E in quello le rivolse uno dei suoi luminosissimi sorrisi.
Lacey si sentì stringere lo stomaco davanti a quella scena. Non poté farne a meno. Gelosia. Sospetto. Erano tutte emozioni nuove per lei, emozioni che le sembrava di aver acquisito solo dopo il suo divorzio, come se il suo ex marito le avesse infilate tra le pagine dei documenti per assicurarsi che le sue relazioni future fosse il più tese possibile. Erano brutti sentimenti, ma lei non riusciva a controllarli. Lucia passava molto più tempo con Tom rispetto a lei. E il tempo che passava con lui era quello che lo vedeva al meglio della condizione: energico, creativo e produttivo. Non assonnato sul divano davanti alla TV. Tutto sembrava mal bilanciato, come se stessero condividendo Tom e la divisione fosse stava fatta a enorme vantaggio della giovane donna.
“Carina, vero?” le disse la voce di Taryn, giungendole all’orecchio come quella del diavolo dalla sua spalla.
Lacey sussultò. Taryn stava rigirando il coltello nella piaga come suo solito.
“Moooolto carina,” aggiunse la donna. “Deve farti impazzire sapere che Tom sta lì tutto il giorno insieme a lei.”
“Non essere stupida,” le disse Lacey con tono brusco.
Ma la considerazione di Taryn era, per usare un idioma di Gina, ‘azzeccata’. Cioè: aveva completamente ragione. E questo rendeva Lacey ancora più frustrata.
Taryn le rivolse un sottile sorriso e una scintilla maligna apparve nei suoi occhi. “È da tanto che volevo chiederti: come sta il tuo spagnolo. Xavier, giusto?”
Lacey sussultò ancora. “Non è il mio spagnolo!”
Ma prima che potessero mettersi a discutere, il campanellino tintinnò sonoramente e Chester abbaiò.
Salvata dalla campana, pensò Lacey, allontanandosi velocemente da Taryn e dalle sue allusioni da vipera.
Ma quando vide chi c’era ad aspettarla, si chiese se non fosse forse passata dalla padella alla brace.
Lì in mezzo al negozio c’era Carol del B&B, con un’espressione di misero orrore stampata in viso. Sembrava essere nel panico e stava ansimando come se avesse fatto tutta la strada fino a lì di corsa.
Lacey si sentì aggrovigliare lo stomaco. Un orribile senso di déjà-vu la pervase. Era successo qualcosa. Qualcosa di brutto.
“Carol?” chiese Gina. “Che problema c’è, tesoro? Sembra che tu abbia visto un fantasma.”
Il labbro inferiore di Carol iniziò a tremare. Aprì la bocca come a voler parlare, ma poi la richiuse.
Lacey sentì dietro di sé il ticchettio dei tacchi di Taryn mentre la donna si avvicinava, presumibilmente per poter avere l’esclusiva della storia.
L’attesa era snervante per Lacey. Insopportabile. Il timore pareva scorrerle in ogni angolo del corpo.
“Cosa c’è, Carol?” le chiese. “Cos’è successo?”
Carol scosse la testa vigorosamente. “Temo di avere delle notizie orribili…”
Lacey si preparò al peggio.
CAPITOLO DUE
Cosa poteva essere successo?
Un incidente?
Un… omicidio?
Santo cielo, non un altro!
“Carol?” chiese Lacey, sentendo una stretta alla gola.
L’espressione di paura negli occhi di Carol mentre camminava avanti e indietro per il negozio le inviava continui lampi di panico che la avvinghiavano. Il suo stomaco iniziò a fare le capriole, come se fosse andata fuori strada con la sua Volvo di seconda mano, precipitando dalla scogliera e piombando verso l’oceano sottostante. Sentì che le mani iniziavano a tremare mentre una serie di ricordi le invadevano la mente: il corpo morto di Iris steso sul pavimento della sua villa; la bocca sporca di sabbia di Buck, riverso sulla spiaggia. Poi le immagini lampeggianti furono completate dall’improvviso ululare delle sirene della polizia nelle sue orecchie e dall’orribile scricchiolio della coperta argentata che gli infermieri del pronto intervento le avevano avvolto attorno alle spalle. E infine sentì la voce del sovrintendente Turner riecheggiare nella sua mente: “Non si allontani dalla città, ok?”
Lacey si aggrappò al bancone per tenersi in piedi, pronta a qualsiasi orribile notizia fosse pronta ad uscire dalla bocca di Carol. Faceva quasi fatica a concentrarsi sulla donna, che stava ancora camminando avanti a indietro.
“Cosa c’è?” chiese Gina con impazienza. “Cos’è successo?”
“Sì, per favore, sbrigati a sganciare la bomba,” disse Taryn, facendo pigramente dondolare la lampada Edison che teneva in mano. “Alcuni di noi hanno delle vite da portare avanti.”
Carol finalmente smise di camminare. Si voltò a guardare le tre donne, gli occhi cerchiati di rosso.