In cima ai gradini, Lacey raggiunse un’ampia veranda in vetro in stile serra. Era così anni Novanta che le fece venire in mente a un centro ricreativo.
Le porte si aprirono e lei entrò. Qui i suoi occhi vennero assaliti da un’enorme distesa di linoleum, severe file di luci sul soffitto e delle pacchiane tendine da sala d’aspetto alle finestre. Nell’angolo si trovava un distributore di acqua fresca che emetteva un costante glu glu glu, accanto a una schiera di distributori automatici.
Quindi Suzy sapeva quanto lavoro ci fosse da fare.
“Lacey! Ciao!” le disse la ragazza con voce cinguettante.
Lacey si guardò attorno e la vide saltare fuori da dietro un bancone: un enorme mostruosità in finto legno che sembrava essere stata creata con lo stesso materiale dell’edificio.
“Stavo controllando la situazione delle prese qui,” spiegò Suzy. “Greg, l’organizzatore di eventi, deve sapere quanti punti disponibili ci siano per l’elettricità. È un vero drago, sul serio. Se avessi più tempo, assumerei qualcun altro. Ma chi mendica non può scegliere. Quindi vada per lo scorbutico Greg.” Sorrise.
“Per cosa ti serve un organizzatore di eventi?” le chiese Lacey.
“Per la festa di inaugurazione, ovviamente,” le rispose Suzy.
Prima che Lacey avesse la possibilità di chiederle altro, la ragazza le si avvicinò e l’abbracciò. Il gesto la colse di sorpresa, ma nonostante il fatto che si conoscevano a malapena, Lacey lo trovò tutto sommato piuttosto naturale. Era come se la giovane fosse un’amica di lunga data, anche se si erano conosciute neanche ventiquattr’ore prima.
“Posso offrirti una tazza di tè?” le chiese Suzy. Poi arrossì. “Scusa, tu sei americana. Preferisci del caffè, forse?”
Lacey ridacchiò. “Da quando mi sono trasferita qui ho acquisito un certo gusto per il tè, a dire il vero. Ma sono a posto, grazie.” Fu attenta a non lasciare che il suo sguardo andasse ai distributori automatici e al tè acquoso e presumibilmente di bassa qualità che ne veniva fuori. “Facciamo un giro?”
“Nessuna perdita di tempo. Mi piace,” disse Suzy. “Ok. Bene, questa ovviamente è l’area della reception.” Allargò le braccia e sorrise con entusiasmo. “Come puoi probabilmente notare, è fondamentalmente una veranda che hanno aggiunto negli anni Novanta. Oltre alla possibilità di buttare giù tutto, non ho idea di come far sembrare questo posto un padiglione di caccia vittoriano, ma immagino che in questo campo sia tu l’esperta. Cioè, se deciderai di lavorare per me.” Rise e le fece cenno di seguirla verso una doppia porta interna. “Da questa parte.”
Entrarono in un lungo corridoio scarsamente illuminato. Una serie di lucidi cartelli in plastica erano fissati al muro fornendo direzioni verso ‘sala TV’, ‘sala da pranzo’, ‘giardino’ e ‘infermeria’. C’era un odore molto caratteristico nell’aria, come di borotalco.
Lacey arricciò il naso. La consapevolezza dell’enormità di quel compito si stava facendo sempre più evidente e lei provava una crescente sensazione che sarebbe stato un impegno troppo grande da assumersi.
Seguì Suzy nella sala TV. Era uno spazio gigantesco, scarsamente arredato e con lo stesso rivestimento di linoleum con effetto finto legno sul pavimento. Le pareti erano rivestite di carta da parati.
“Stavo pensando di trasformare questa stanza in salotto,” iniziò a spiegare Suzy, gironzolando per la sala mentre la sua gonna zingaresca le fluttuava attorno. “Voglio un caminetto aperto. Mi pare ce ne sia uno di murato dietro a questa nicchia. E possiamo mettere della bella roba rustica in quest’angolo.” Fece un gesto vago con il braccio. “O in quello. Come preferisci tu.”
Lacey si sentiva sempre più incerta. Il lavoro che Suzy voleva da lei era più che un semplice incarico da interior designer! Non aveva neanche davanti la pianta della disposizione. Ma la ragazza sembrava una sognatrice, e lei non poteva che ammirare quell’aspetto. Lanciarsi in un compito senza nessuna esperienza pregressa era dopotutto quello che Lacey stessa stava facendo, e quel rischio l’aveva ripagata. Ma l’altro lato della medaglia era che Lacey non aveva avuto accanto nessuno che fosse per lei la voce della ragione. Oltre a sua mamma e Naomi – che erano ad anni luce di distanza l’una dall’altra – nessun altro le aveva detto che stava facendo una follia. Ma essere ora effettivamente quella persona e avere davanti qualcuno che si stava buttando a capofitto in un compito impossibile… Lacey non era proprio sicura sul da farsi. Non aveva il cuore di spezzare i sogni di Suzy, ma non era neanche tipo da tirarsi indietro e starsene ferma a guardare mentre la nave affondava.
“Alla sala da pranzo si può accedere da qui,” stava dicendo Suzy nella sua maniera spensierata. Condusse rapidamente Lacey nella stanza attigua. “Terremo questa come sala da pranzo, perché ha un accesso alla cucina da qui.” Indicò la porta a vento alla sua destra. “E da qui c’è la migliore visuale sul mare, e sui prati.”
Lacey non poté fare a meno di notare che Suzy stava già parlando come se lei avesse accettato il lavoro. Si morse il labbro con trepidazione e passò attraverso la porta a vetri scorrevole che occupava l’intera parete opposta. Il giardino, anche se piuttosto ampio, era costituito solo da erba e da sporadiche panchine rivolte verso l’oceano che si scorgeva in lontananza.
“A Gina piacerebbe un sacco questo posto,” disse Lacey, cercando un aspetto positivo.
“Gina?” chiese Suzy.
“La signora che lavora al negozio con me. Capelli spettinati. Occhiali rossi. Stivali di gomma. È strepitosa nel giardinaggio. Questa sarebbe come una tela bianca per lei.” Si voltò a guardare Suzy. “Ha cercato di insegnarmi qualche trucchetto di giardinaggio, ma penso di essere ancora troppo newyorkese per potermi dedicare alle piante.”
Suzy rise. “Beh, quando si tratterà di fare il giardino, farò una chiamata a Gina.”
Suzy continuò nel loro veloce tour, attraverso la cucina, in corridoio, attraverso l’ascensore e su fino a una delle camere.
“Sono tutte molto ampie,” le spiegò mentre le faceva vedere.
“Direi,” rispose Lacey, calcolando quanta mobilia sarebbe servita per arredarle in maniera adeguata.
Ci sarebbe stato bisogno di più del solito letto, armadio e comodino che avevano la maggior parte delle camere in un B&B. Erano tanto grandi da poter ospitare un’area separata con poltrona e divanetto con tavolino, e un angolo per la cabina armadio con tanto di specchiera. Lacey se la poteva immaginare, ma ci sarebbe voluta un sacco di coordinazione per realizzare tutto entro lo spettacolo aereo di sabato.
“E quante stanze hai detto che ci sono?” le chiese, guardando nervosamente verso la porta e il corridoio buio, che era fiancheggiato di porte da entrambi i lati. Non voleva far capire a Suzy con troppa brutalità quanto lavoro sarebbe servito per rimettere in sesto quel posto, quindi quando la ragazza rientrò nella stanza, Lacey cambiò fulmineamente espressione, mostrandosi il più ricettiva possibile.
“In totale ci sono quattrocento metri dedicati all’alloggio,” spiegò Suzy. “Sei camere da letto e una suite matrimoniale. Penso che due o tre possano bastare per cominciare.”
Sembrava così rilassata per tutta la faccenda, nonostante non conoscesse esattamente quante camere volesse realmente arredare!
“E hai bisogno di fare tutto entro lo spettacolo aereo di sabato?” chiese Lacey, come se un chiarimento in più potesse in qualche modo dare maggiore senso alla cosa.
“Venerdì, a dire il vero,” la corresse. “È lì che farò la festa di inaugurazione.”
Lacey ricordò che Suzy aveva parlato dello scorbutico Greg, l’organizzatore di eventi, e della festa di inaugurazione. Poi la sua domanda sul giorno in cui si sarebbe tenuta si era persa nel momento in cui Suzy l’aveva sorpresa con quell’abbraccio.